di Michele Griggi

Il fratello buono
Autore: Chris Offutt
Editore: minimum fax
Traduttore: Roberto Serrai
Anno edizione: 2020
Anno prima edizione: 1997 (Usa)
Genere: Moderna e contemporanea
Pagine: 408
Consigliato a chi ama storie avvincenti che prendono spunto dalla vita reale in Paesi lontani, molto diversi dal nostro.
L’America delle montagne, dei boschi e degli allevamenti, l’America rurale, quella che è balzata agli onori della cronaca come il serbatoio di voti di Donald Trump, è protagonista e allo stesso tempo sfondo del Fratello buono, primo romanzo di Chris Offutt, pubblicato in Italia lo scorso anno da minimum fax con la traduzione di Roberto Serrai, ma uscito in America nel 1997.
Virgil Caudill è un onesto lavoratore del Kentucky, sui monti Appalachi, e ha poche pretese e aspirazioni. Una vita semplice è proprio ciò che fa per lui e, vivendo in questa zona degli Stati Uniti, è forse anche il massimo cui un uomo come lui può aspirare. Suo fratello Boyd è la tipica pecora nera attaccabrighe della famiglia, bravo a menare le mani, ma bravo anche con le persone. Questo perlomeno scopre Virgil dai racconti di diversi personaggi in cui s’imbatte, che hanno conosciuto un Boyd molto diverso dalla reputazione che lo ha accompagnato sino alla morte, e di questo Virgil trova conferma ripensando all’infanzia trascorsa con Boyd, un fratello che in fondo ha amato.
Boyd viene assassinato, tutti sanno chi è stato, ma la consuetudine locale è fatta di omertà e la legge non è quella dello Stato: a fare giustizia deve essere il parente più stretto, se lo farà poi godrà della stessa omertà, ma a sua volta rischierà la vendetta, in un’infinita spirale di violenza.
Virgil prenderà la sua decisione. Come conseguenza, si farà terra bruciata attorno e dovrà ripartire da zero nel Montana, uno Stato diverso, anche a livello di mentalità, terra di allevamenti di bestiame, montagne e boschi. Proprio in una capanna sperduta in un bosco, presa in affitto, Virgil inizierà il suo nuovo percorso. Cercherà di cancellare la sua identità, di cancellare le tracce del suo passato e di essere se stesso con un nuovo nome, capendo come agire passo dopo passo. Troverà un nuovo lavoro, ma scoprirà anche una mentalità forse ancor più chiusa e ottusa di quella da cui proviene e dovrà correre il rischio di essere raggiunto proprio da ciò da cui sta fuggendo.
La scrittura di Offutt è asciutta ed essenziale. Le descrizioni di persone, luoghi, azioni sono rese mediante una scelta precisa delle parole. E lo stesso possiamo dire dei dialoghi, anche se appaiono leggermente più elaborati. Offutt non si perde in fronzoli, va sempre al sodo della narrazione e dimostra come la bellezza non sempre si accompagni alla quantità.
La trama si dipana piacevole e serrata, quasi come quella di un thriller. Pur essendo stata scritta più di venti anni fa, la storia è molto attuale e ci fa scoprire e capire un poco meglio la realtà americana lontana dalle grandi città, dove l’intervento di qualsiasi livello delle autorità viene sentito come limitazione della libertà e del diritto alla felicità di ogni americano, anche se molti con questa definizione intendono solo l’americano bianco.
Con Il fratello buono, Offutt dà prova della sua grande capacità nel narrare storie di emarginati, che troverà conferma in sue opere successive. Anche per tal motivo, questo romanzo può essere un buon modo per approcciarsi all’autore qualora non lo si conoscesse ancora.
Il libro in una citazione
«Aveva del cibo, ma non aveva fame. Aveva una jeep, ma nessun posto dove andare. Aveva un nuovo nome, ma nessuno che potesse chiamarlo.»
2 aprile 2021
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