di Elisa Vuaran
Abbandonare un gatto
Autore: Murakami Haruki
Illustratore: Emiliano Ponzi
Editore: Einaudi
Traduttrice: Antonietta Pastore
Anno edizione: 2020
Anno prima edizione: 2019 (Giappone)
Genere: Moderna e contemporanea, Racconti
Pagine: 76
Consigliato a chi apprezza il racconto autobiografico e introspettivo, le atmosfere giapponesi o, più semplicemente, a chi si è già innamorato di Murakami.
Traendo spunto da un episodio solo apparentemente banale, il celebre scrittore giapponese Murakami Haruki coglie l’occasione per rielaborare, attraverso la narrazione, il complicato legame con il padre Chiaki, ormai defunto.
Il racconto prende avvio da un ricordo dello scrittore bambino: un giorno, assieme al padre, Haruki si era recato in bicicletta alla spiaggia di Koroen, dove i due avevano deciso di abbandonare una gatta. La vicenda in sé non sembra essere particolarmente significativa, ma a questo ricordo si accompagna la rievocazione di altri piccoli dettagli della vita quotidiana della famiglia Murakami, che rivelano a poco a poco il carattere, le paure e le passioni di Chiaki.
Il rapporto tra padre e figlio si era molto presto raffreddato e l’uomo era rimasto un mistero per lo scrittore, finché questo, dopo la sua morte e non potendo più contare nemmeno sulla memoria offuscata della madre, non ha deciso di indagare più a fondo nella sua vita.
La ricostruzione, esposta con la precisione di uno storico, lo porta a scoprire alcuni dolorosi particolari relativi ai fronti di guerra dove il padre, classe 1917, si era ritrovato, che spiegherebbero il suo atteggiamento nei confronti della vita. Attraverso questa personalissima ricerca, l’individuale racconto di un figlio diventa un frammento della Storia universale, di cui spesso tutti noi non ci rendiamo conto di essere parte.
Quel che ne emerge è il ritratto commosso, dipinto con le pennellate a volte incerte di chi avrebbe voluto il conforto di dettagli più sicuri, di un uomo dal forte senso del dovere che ha trovato nella poesia e nella fede buddista il modo di esprimere la propria dolorosa esperienza della guerra.
Murakami sceglie ancora una volta il racconto lungo per esplorare e dare un significato alle relazioni umane, per la prima volta a partire da quelle interne alla sua stessa famiglia.
Il testo si snoda attraverso brevi episodi tratti dalla vita del padre, accompagnati da puntualissimi dettagli storiografici e da alcuni haiku, i tradizionali brevi componimenti poetici giapponesi, da lui scritti soprattutto durante l’angosciante periodo di arruolamento nell’esercito, mentre sullo sfondo rimangono sempre presenti i dolci paesaggi del Giappone dei tradizionali templi.
L’atmosfera è delicata e velata, nel tipico stile dell’autore, ma senza gli elementi fortemente onirici che caratterizzano altri scritti della sua produzione. La drammaticità degli eventi narrati è sottolineata in modo efficace dalle illustrazioni a colori del pluripremiato Emiliano Ponzi: questa piccola perla sarà senz’altro apprezzata da chi ama la scrittura di Murakami.
Il libro in una citazione
«Più tardi, appena ricevuta la notizia, mio padre stava uscendo per precipitarsi a Kyoto, quando mia madre gli disse fra le lacrime: – Di una cosa sola ti supplico: rifiuta di assumere la successione del tempio –. Io avevo solo nove anni, ma quella scena ce l’ho ancora impressa nella mente. Una scena che mi colpì come se l’avessi vista al cinema in un film in bianco e nero. Mio padre, il volto inespressivo, si limitò ad annuire in silenzio. Non diede una risposta chiara (o io non la sentii), ma credo che avesse già deciso cosa fare. Per lo meno, io ebbi quest’impressione.»
16 marzo 2021
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