di Sonia Vaccaro
Agli occhi degli altri Emma sembra essere una donna perfetta. In realtà, è travolta da una profonda crisi, forse più identitaria che coniugale, alla quale non vuole e non può sottrarsi. Decide così di ritirarsi temporaneamente nel convento in cui, molti anni prima, aveva intrapreso il cammino vocazionale. All’Eremo delle carceri di Assisi, con Emma riscopriamo la forza salvifica della fede, la bellezza della fragilità, la molteplicità dell’amore e l’unicità della quotidianità. Quella di Emma è una storia delicata, che si dipana sul filo dell’equilibrio interiore. Ce la racconta Helena Molinari, 51enne ligure speaker e autrice radiofonica, nel proprio romanzo d’esordio – che ha per titolo il nome della protagonista – e nel suo seguito La casa verde, racchiusi in un unico volumetto da Pentàgora.
Helena Molinari, da cosa è nato il suo romanzo?
«La scrittura abitualmente mi conduce prima ancora che sia io a decidere dove andare. Nel caso specifico di Emma, non posso nasconderle che l’esatto momento in cui vi ho posto mano e inchiostro – perché tutto ciò che scrivo, dalla nota della spesa in avanti, lo scrivo su carta – è stata un’urgenza. Arriva da lì: dalla necessità di raccontare una storia, in buona misura la mia, una storia semplice eppure universale di donna. Una storia dai gesti lenti, che vorrebbe riconsegnare a chi la legge la bellezza spesso trascurata e sovente negata dell’umana miserevolezza. L’urgenza di un riscatto umano e spirituale, una specie di elogio dell’imperfettibilità.»
Emma è una donna apparentemente molto realizzata: sposata da diversi anni, madre amorevole di due vivaci ragazzini, docente universitaria di storia medievale. Eppure è mossa da un’inquietudine, da una non pace, che la rende estremamente fragile e scatena in lei una profonda crisi. Crede che ci siano molte donne come Emma?
«Non so se vi siano molte donne come Emma. Certamente posso dirle che le donne che hanno letto il mio romanzo fino a oggi in molto si sono ritrovate. Emma racconta sì un’inquietudine dovuta a una crisi profonda del suo rapporto di coppia, e questo potrebbe essere di fatto un tratto comune a molteplici storie di donna. Però, parallelamente, racconta anche un’inquietudine ancor più datata, quasi ancestrale, e legata alla sua giovinezza, tradita e delusa nelle aspettative da alcuni membri dell’istituzione ecclesiastica quando era una probanda francescana, in pieno cammino vocazionale. Tutto sommato, anche questo – seppur in percentuale minore – potrebbe essere elemento di facile riscontro tra donne. Credo tuttavia che il tratto – distintivo, trasgressivo e in controtendenza – di questa storia vada cercato nell’evitarne fin troppo facili epiloghi risolutivi. Emma è una donna che sceglie di restare, di attraversare tutto il suo dolore, di farsi attraversare per ricondurre la sua esistenza all’origine delle sue scelte. Non è resilienza, come tanto s’usa dire oggi, ma comprensione e sana ostinazione.»
Cosa e quanto di Helena rileggiamo in Emma?
«Se può bastarle come risposta alla domanda, le confesso che non credo avrò mai più una così tanta incoscienza nella scrittura. Diciamo che c’è tutto quello che conta di me e per me, nel bene e nel male.»
Con questo romanzo lei lancia un messaggio molto semplice, ma per nulla scontato al giorno d’oggi: “La vita dà quello di cui si ha bisogno, non quello che si vuole”. Cosa intende dire?
Credo che la vita sappia ancora prima delle nostre consapevolezze ciò di cui abbiamo bisogno e questo non necessariamente corrisponde a ciò che vorremmo o avremmo sognato per noi. Emma comprende che l’imperfettibile è spesso molto meno in difetto di quanto sembri ai nostri occhi. Comprende quanto i modi dell’amore possano essere diversi dal proprio e che questo basta quando non solo lo si capisce con raziocinio, ma lo si sente anche, anzi. Appaga e ci completa.
Emma crede molto in San Francesco e Santa Chiara, ne segue gli insegnamenti e ne ripercorre i luoghi della fede. Helena, che significato ha per lei oggi il francescanesimo?
«Il francescanesimo è a tutt’oggi una straordinaria occasione. Nell’esempio di Francesco e di Chiara c’è un’audacia moderna, sempiterna e – le dirò di più – credo somigli tanto a ciò che i giovani vanno cercando, per quanto paradossale possa sembrare. C’è qualcosa di identitario che ancora può servire a noi tutti, ma specialmente a loro, siano essi laici o credenti o ancora inconsapevoli dell’una o dell’altra appartenenza. C’è quel coraggio delle idee che in loro scalpita.»
Nel suo libro è citato un passo del Dialogo della vera e perfetta letizia, tanto pregno di significato per i fedeli quanto incomprensibile per gli atei. Se dovesse aiutare un suo lettore ateo a comprenderne il messaggio, cosa direbbe?
«Credo che si dovrebbe leggere qualsiasi testo, senza condizionamenti di alcun tipo, siano essi religiosi, politici, spazio-temporali e così via… Leggendo, magari ad alta voce, per il mero gusto della scoperta, per la condivisione di una storia, per il suono della parola, che – non dimentichiamolo – è suono ancor prima di raggiungerci. Il suono è importante. Nel suono ci sono le sfumature. Quel dialogo, per altro tenerissimo, mi creda, potrebbe risultare ancor prima incomprensibile più per la sua lingua antica che per il contesto in cui si muove e l’indubbio afflato spirituale che lo genera. La spiritualità è altro rispetto alla religiosità ed è accessibile a tutti e di gran lunga universale. La chiave della santità di Francesco è la sua umanità, questo unicamente direi se interrogata da un lettore ateo.»
Nella storia di Emma c’è molta luce: quella autunnale, quella della neve, quella della fede. Lei è letteralmente alla ricerca della fonte della luce. Cos’è la luce per Emma?
«La luce per Emma, ma potrei asserirlo anche per la sottoscritta, trascende l’essere auspicio di una bella giornata. La luce è possibilità di una “buona” giornata per quelle che sono le nostre capacità e i nostri mezzi. Per Emma è anche viatico a un’altra luce, in senso inequivocabilmente spirituale. A tal proposito, consiglio di ascoltare il brano L’ombra della luce, testo e musica di Franco Battiato, lì c’è tutto.»
Pietro, il marito di Emma, è profondamente diverso da lei. È un uomo parco di parole, ma generoso di gesti ed esempi. Le differenze allontanano Emma da Pietro, ma poi la riavvicinano a lui grazie all’orgoglio del matrimonio che dura. Cos’è questo orgoglio del matrimonio che dura?
«È qualcosa che in rari casi si ha la fortuna di poter sperimentare e quindi di incarnare e che certamente vede l’uomo – così come la donna – per caducità, molto incostante. Mi piace pensare, tuttavia, possa esistere oggi più di ieri. È semplicemente il sentirsi orgogliosi di essersi scelti ancora, nonostante le cadute e i ripensamenti.»
Nonno Minetto, che vive fino a 101 anni, e nonna Linda, che gli sta sempre accanto, sono un grande esempio per tutti noi lettori. Uno dei loro segreti è avere occhi buoni per continuare a vedere la vita che vive senza lasciarsi vivere. Lei da dove ha tratto questo insegnamento?
«Proprio da loro.»
È facile immaginare che il suo romanzo possa essere una lettura piacevole per una donna. Quali commenti ha ricevuto dai lettori uomini?
«A essere franca non ho ricevuto molti commenti da lettori uomini, anzi. Colgo qui l’occasione per invitarli a scrivermi. Qualcuno, quando ancora si potevano fare incontri in presenza, ha tagliato corto, salutandomi con occhi lucidi e un “grazie, ci penserò…”, che è riuscito a commuovermi e persino a ripagare l’attenzione che sempre presto alle figure maschili dei miei scritti.»
Un tratto distintivo della sua scrittura è sicuramente la capacità di associare diverse sfere sensoriali per comunicare immagini, emozioni, percezioni. Com’è arrivata a scrivere che Emma ha gli occhi color mareggiata, la luce è color del grano, l’abbraccio è rumoroso, l’amore irradia…?
Credo arrivi dalla poesia. La poesia è stata per me la prima forma di scrittura e lo è stata per moltissimi anni. È stata ed è ciò che nel poco di più puro e autentico si possa esprimere, un po’ come nel colore, un po’ come in musica, un po’ come alla radio. È primitiva e onesta, ed evocativa. È un’appartenenza volente e nolente e credo di non poter fare a meno inconsciamente di disseminarne traccia anche in prosa.
Il suo romanzo è diviso in due parti: nella prima Emma ripercorre il passato per ritrovarsi, nella seconda vive il presente e racconta in forma diaristica com’è arrivata alla decisione di fare della sua storia un libro. Perché ha scelto di strutturare il suo testo così?
«Non l’ho scelto, e la prego di credermi. La casa verde è il naturale proseguimento di Emma – questo è vero – ma è una scrittura diversa nella forma e cronologicamente successiva ed è la ragione per cui l’editore – di concerto con me – ha voluto tale suddivisione, in verità più che condivisibile perché rispettosa della mia scrittura, dei suoi tempi distinti di concepimento e della storia stessa.»
La fede è salvezza. La scrittura?
«Credo si possa rispondere in parte alla stessa maniera. La scrittura può essere salvezza per chi la esercita e analogamente per chi legge. È evidente che ciò non possa che essere soggettivo e che la salvezza sia in tutto e per tutto un traguardo assai ambizioso tanto quanto disperante. Io mi accontenterei di essere portatrice di storie piccole, “salvate” e schiuse al seguito che ciascuno vorrà leggervi dentro.»
Lei dunque continuerà a scrivere?
«Fino a oggi e sin dall’adolescenza non ho mai smesso di farlo in poesia, racconto e narrativa. Fino a che sentirò di poter dare qualcosa, di essere modestamente utile all’altro, non credo smetterò. La mia scrittura non segue planimetrie né strategie cosiddette “altrui” o, se preferisce, di mercato. Attualmente posso confermarle di essere al lavoro sul prossimo romanzo, di questo sono certa.»
Lei ha dedicato un’intera vita alla comunicazione: lavora da sempre in radio e da alcuni anni è tra gli organizzatori del Festival della parola di Chiavari. Oggi quale valore hanno le parole? Quale dovrebbero avere?
«Oggi le parole corrono così veloci che facilmente le si dimentica; ma non per questo mi sento di dire esse siano meno importanti di qualche decennio fa. Diciamo che proviamo a fermarle, restituendone valore, dignità, significato, ma mai forzandole ad altro che non sia da secoli la loro natura o la loro eventuale evoluzione e involuzione nel tempo.»
Ci consiglia tre libri che una donna nella stessa situazione di Emma farebbe bene a leggere?
«Francesco e l’infinitamente piccolo di Christian Bobin, La croce e la via di Daniele Mencarelli, Ti rubo la vita di Cinzia Leone. Consiglierei parimenti la lettura di alcuni poeti del calibro di Caproni, Montale, Leopardi, Merini, ma anche un classico come il Simposio di Platone, un dialogo che può offrire ancora molto.»
2 marzo 2021
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Emma. Segue La casa verde
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Autrice: Helena Molinari
Editore: Pentàgora
Genere: Moderna e contemporanea
Collana: Narrativa
Anno di pubblicazione: 2019
Pagine: 159
Versioni disponibili: Cartaceo
Il libro sui social: Helena Molinari – Scrittrice – pagina facebook; @Helena.Molinari – profilo instagram; @HelenaMolinari – account twitter.