di Eva Garavaglia
Autore: Friedrich Dürrenmatt
Editore: Feltrinelli
Traduttore: Enrico Filippini
Genere: Gialli & Noir
Anno edizione: 2008 (Germania, 1952)
Pagine: 112
Consigliato a coloro che si annoiano a seguire semplicemente un caso – e amano piuttosto riflettere su grandi interrogativi – e a coloro che non vogliono sprecare il poco tempo che hanno per leggere.
Il giudice e il suo boia è solo apparentemente un giallo. Il 3 novembre 1948 un poliziotto di un tranquillo paesino della Svizzera trova, nel suo giro di perlustrazione del territorio, una macchina con un uomo morto. Ma non è un uomo qualunque: si tratta di un altro poliziotto, originario di Berna.
Il caso viene assegnato al commissario Bärlach, anziano e malato, che si fa affiancare dal giovane e inesperto Tschanz, sebbene sappia già chi ha commesso l’omicidio.
Questi sono sì elementi canonici del genere, ma ciò che Friedrich Dürrenmatt vuole raccontarci con questo romanzo, pubblicato per la prima volta in Italia nel 1960, non è il delitto perfetto, alla Agatha Christie. Dürrenmatt vuole farci riflettere sui limiti degli uomini, sugli inconfessabili segreti che si annidano anche nell’animo di coloro che si credono buoni.
Il principale sospettato da Tschanz è Gastmann, un uomo spregiudicato che molti anni addietro ha sfidato Bärlach, commettendo crimini che quest’ultimo non è mai riuscito a provare.
Benché adesso Barläch sia una sorta di animale morente, anche se non disperato, è determinato a prendersi una rivincita. Per farlo, attuerà la tesi alla base di tutti i crimini commessi dall’acerrimo nemico Gatsmann: è possibile usare gli uomini come pedine e nascondere delitti grazie alla confusione dei rapporti umani.
Dürrenmatt mette in scena un dilemma antico, ma sempre attuale: è giusto giudicare secondo le leggi o secondo la misura dell’uomo? Dove sta il confine tra giustizia e verità? Spesso la verità processuale è ben lontana da come sono andati realmente i fatti: Barläch è consapevole di questa realtà e decide di usarla a suo favore. In un certo senso, il commissario assurge al ruolo di dio: onnisciente, giudica un uomo per la sua intera vita e non per l’ultimo momento vissuto. L’inconsapevole esecutore della sua condanna sarà un uomo che ha anche lui interesse a che la verità non venga scoperta.
Già da questo primo romanzo di Dürrenmatt emerge dunque un tema a lui caro: l’incapacità della giustizia di giungere alla verità.
Lo stile è semplice ed essenziale – un flashback ci fa comprendere cosa nasconde Bärlach – ma Dürrenmatt non indugia su complesse deduzioni o su dettagliate analisi psicologiche. Il risultato è un romanzo di poche pagine, dove il superfluo è stato eliminato e ogni parola è quella giusta. Proprio per questo anche i dialoghi risultano molto efficaci: svelano piccoli indizi e confondono in maniera convincente il lettore, inducendolo a seguire quella verità giudiziaria che non coincide con la realtà dei fatti.
Da Il giudice e il suo boia è stato tratto uno sceneggiato televisivo nel 1972 e nel 1975 un film dal titolo Assassinio sul ponte, in cui Dürrenmatt stesso recita una parte.
Il libro in una citazione
«Dicevi che era una sciocchezza commettere un delitto, perché ti sembrava impossibile usare la gente come pedina degli scacchi. Io invece, più per contraddirti che per convinzione, sostenevo la tesi che proprio la confusione dei rapporti umani rendeva possibili delitti che non potevano essere scoperti, e proprio per questo motivo la maggior parte dei delitti restavano non solo impuniti ma anche insospettati.»
5 febbraio 2021
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