di Marco Pisan

Una mente inquieta
Autrice: Kay Redfield Jamison
Editore: TEA
Traduttrice: Elena Campominosi
Genere: Autobiografia
Anno edizione: 2020
Anno prima edizione: 1995 (Usa)
Pagine: 224
Consigliato a chi ha sofferto e a chi soffre di qualche tipo di malattia mentale ed è arrivato a credere che non valga la pena di vivere. E a chi non ne ha mai sofferto, ma vuol tentare di capire.
Una mente inquieta è l’autobiografia della psichiatra Kay Redfield Jamison, ma è anche di più. Tra le pagine di questo libro vediamo scorrere la sua vita fatta di alti e bassi. Come quella di tutti – penserete – ma no, non è così, perché Kay Redfield Jamison ha sofferto e soffre di una malattia ”maniaco-depressiva”. La sua esistenza – scoprirete – è stata un giro sulle montagne russe, quelle da far paura, e sulle quali chiunque di noi vorrebbe non salire mai.
Lo stile dell’autrice è duro, diretto, mostra le cose come stanno: lei si mette a nudo e descrive esattamente come si sentiva, perché si comportava in un determinato modo e come questo ha influito su chi è lei oggi. Le descrizioni sono vivide, forti, spesso sono pugni nello stomaco del lettore e le oltre 200 pagine del libro non scorrono affatto veloci perché occorre soffermarsi per pensare, cercare di immedesimarsi o, solamente, riprendere a respirare.
Fin da ragazzina Kay sentiva che c’era qualcosa di particolare in lei, qualcosa che vedeva anche in suo padre, e questo qualcosa le sembrava bellissimo. Viveva voli di fantasia che la lanciavano in alto, aveva un’immaginazione sfrenata che la portava a picchi di creatività da lasciarla senza fiato. Ed era felice.
Con il trascorrere degli anni, però, la sua malattia di carattere ereditario si rivelerà per quello che è: un mostro, che cercherà di divorarla, di ucciderla, di distruggerla dal di dentro. Gli stati alterati, che scoprirà essere “attacchi di mania”, cresceranno al punto di farla quasi impazzire e saranno seguiti senza nessuna pietà da altrettanti momenti bui, quegli “attacchi depressivi” tanto forti e potenti da spingerla al suicidio, tanto oscuri da riuscire quasi a cancellare la sua personalità e identità.
La cosa incredibile è che Kay, in tutto ciò, continuerà a studiare, a lavorare, fino a diventare psichiatra e a scrivere libri riguardanti proprio la sua malattia.
Non ci nasconde – anzi, cerca di spiegarci – perché lei stessa, proprio come fanno molti altri malati, rifiutava in tutti i modi di prendere le medicine che potevano aiutarla, sebbene sapesse benissimo quanto fossero efficaci, visto che le aveva studiate e anche provate! Le ci vorranno anni per capire e accettare quello che ora lei cerca di insegnare agli altri e di comunicare ai suoi pazienti. Per guarire o, almeno, poter convivere con una patologia di questo tipo – ci dice Kay Redfield Jamison – sono necessarie tre cose: la psicoterapia, le medicine – a lei il litio ha cambiato la vita – e l’amore della famiglia, degli amici e di coloro che circondano il malato. Non a caso, ci racconta anche come sia la famiglia sia le amicizie siano state fondamentali per aiutarla a mantenere un equilibrio emotivo e psicologico.
Una mente inquieta non è un libro di facile lettura. In special modo, per chi ha sofferto o soffre di un qualche tipo di malattia mentale, rispecchiarsi in alcune frasi, azioni o pensieri della scrittrice può essere particolarmente difficile, proprio come lo è dover affrontare in combattimento una parte di se stessi allo specchio. Per chi, invece, non ha mai avuto nessuno di questi problemi, il testo potrebbe risultare ostico, alcune cose potrebbero sembrare appositamente ingigantite ed esagerate, ma difatti non è così: Kay Redfield Jamison narra uno spaccato di vita difficile, una vita vissuta con enorme coraggio e forza e risolutezza.
Possiamo imparare molto da Kay Redfield Jamison. L’essere umano ha dentro di sé un enorme potenziale: cieli aperti e spazi sconfinati, ma anche zone buie e baratri oscuri, apparentemente senza fondo. La sindrome maniaco-depressiva ci offre uno squarcio sulla complessità della vita interiore di ogni persona… Sta a noi usare quello che impariamo per cercare il più possibile di capire noi stessi e gli altri, per migliorarci e poter sostenere chi ne ha bisogno.
Il libro in una citazione
«Nulla funzionò: non la psicoterapia, non l’educazione, non la persuasione né la coercizione, non l’impegno dei medici o degli infermieri; non servirono la terapia famigliare, il moltiplicarsi dei ricoveri, le relazioni distrutte, i disastri finanziari, i licenziamenti, le carcerazioni, lo spreco di una mente colta e creativa. Nulla di ciò che io o altre persone riuscimmo a escogitare funzionò. [[..]] Tutti ci muoviamo male bloccati dalle cinghie delle nostre costrizioni.»
6 novembre 2020
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