di Anna Longo

Il pesce e l’uccellino
Autrice: Kim Thúy
Illustratore: Rogé
Editore: Edizioni Piuma
Traduttrice: Alessandra Florio
Genere: Storie illustrate
Età di lettura: da 3 anni
Anno edizione: 2020
Anno prima edizione: 2019 (Canada)
Formato: 24.9 x 1 x 31.1 cm
Pagine: 36
In questo libro trovi rispetto reciproco nella diversità, amicizia, empatia.
Consigliato a
bambini (anche molto piccoli), che passano con grande facilità dal costruire torri e ponti con i Lego al costruire amicizie con gli altri bambini;
adulti, che amano accompagnare i loro bambini nei delicati percorsi del fare amicizia con l’aiuto di un valido libro, arricchito da disegni ad acquerello così belli da sembrare quadri.
Un pesce e un uccellino sono in cattività, ma, va da sé, la cattività annoia, se non peggio. Lo sanno bene i due protagonisti del bellissimo Il pesce e l’uccellino, albo illustrato per bambini − e non solo per bambini, è importante sottolinearlo.
Dunque, come si prova a uscire da una noiosa reclusione, non necessariamente imposta dal lockdown? Grazie alla più spontanea ed efficace soluzione che spesso e volentieri si trova sulla bocca di un bambino, quel “Giochi con me?” rivolto a un altro bambino!
La storia scava in profondità perché giocare insieme, così come il volare e il nuotare insieme dei protagonisti del libro, significa soprattutto iniziare a conoscersi, scoprirsi diversi, capaci di fare bene alcune cose ma altre no, capire l’importanza di aiutarsi, di entrare in empatia, di completarsi a vicenda e di stimarsi per le caratteristiche peculiari di ciascuno e, nel confronto con l’altro, definire anche il proprio sé.
Ed è così che il pesciolino spicca un salto, mentre l’uccellino si tuffa in acqua, ed entrambi scoprono i loro limiti e la loro profonda diversità nello stesso istante in cui intuiscono la potenza di aiutarsi per continuare a giocare insieme.
“L’uccellino salva il pesce” – leggiamo − e, qualche pagina dopo, “Il pesce salva l’uccellino”, perché lo scopo è proprio poter giocare insieme: la via catartica alla salvezza.
Sono trascorsi solo pochi mesi da quando tutti noi senza distinzioni, adultibambinigiovanianziani, abbiamo dovuto affrontare un’esperienza sconvolgente che ci ha accomunati nostro malgrado. Una reclusione forzata in concomitanza con un blocco totale di tutte le attività lavorative, ma soprattutto ludico-ricreative, tra cui i viaggi e gli spostamenti. Un’esperienza − che mai avremmo potuto immaginare di dover affrontare nella nostra vita e di cui d’ora in poi avremo sempre coscienza e timore − che potrebbe ripetersi con conseguenze anche più drammatiche. Un’emergenza mondiale che ci ha colpiti tutti contemporaneamente e che non poteva lasciarci indifferenti, proprio perché di tipo sanitario. Alcuni sono rimasti scioccati (per sempre…), altri se la sono cavata senza troppi effetti collaterali, altri invece in poche settimane si sono imbruttiti e imbrutiti, alcuni però si sono rigenerati e ne sono usciti migliori. Ma un interrogativo è rimasto in sospeso per tutti…
Nella noia estenuante della nostra breve avventura in cattività, sinceramente quanti di noi “adulti”, donne e uomini, genitori e figli, insegnanti e educatori, professionisti, lavoratori hanno rievocato quella domandina salvifica da rivolgere ai nostri simili per uscirne vivi e umanamente integri? Ovvero… “Vieni a giocare con me?” Che poi, se si vuole, altro non è che l’“Homo sum, humani nihil a me alienum puto” (“Sono un essere umano, niente di ciò che è umano ritengo estraneo a me”, come ce lo ha trasmesso Publio Terenzio Afro nella sua nota commedia Heautontimorùmenos).
Per i bambini, invece, per la maggior parte di loro almeno, tutto è molto più semplice e la medesima domandina felice “Giochi con me?”, rivolta a un proprio pari (chiunque egli sia), è tanto spontanea e naturale da destare sempre sorpresa e interesse negli adulti. Perché un piccolo, che del tutto spontaneamente sia capace di rivolgere a un altro bambino (e non a un adulto) quel semplice invito a giocare insieme, è già un bambino capace di costruire cattedrali, e non solo con i mattoncini del Lego o con i legnetti di Kapla.
Su tutto questo e molto altro ancora ci permette di riflettere la recente traduzione in italiano di questo testo della vietnamita Kim Thúy.
Non ci sono dubbi che il libro giusto letto e riletto assieme a mamma e papà o alla maestra di scuola rafforzi i comportamenti virtuosi. Nella sconfinata produzione editoriale rivolta all’infanzia non è affatto raro trovare volumi illustrati dal testo conciso ed essenziale come questo, ma è assolutamente raro trovare libri in cui le frasi, pur nella loro brevità, siano così perfettamente in armonia con le immagini – splendide − da suscitare riflessioni profonde sull’essenza del nostro essere persone, la cui esistenza e “sopravvivenza” su questo sgangherato Pianeta non può – più − prescindere da alcune domande fondamentali, che non andrebbero mai scordate soprattutto nei momenti di difficoltà.
Le bellissime tavole ad acquerello dell’illustratore Rogé ci accompagnano in questo percorso non scontato e lo studio nella ricerca dei colori, dal nero e grigio delle prime immagini raffiguranti la reclusione e la noia fino al rosso e al giallo intensi dei protagonisti ormai amici, facilita la comprensione del significato di questa storia anche a bambini molto piccoli.
L’adulto invece si gratificherà nello sfogliare più e più volte questo volume per il puro piacere di osservare i disegni…
Il libro in una citazione
«Ognuno è un genio. Ma se si giudica un pesce dalla sua abilità di arrampicarsi sugli alberi, questo passerà la sua vita a credersi stupido.»
Albert Einstein
3 novembre 2020
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