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Libri per chi ama davvero leggere

Nel mare ci sono i coccodrilli, la vera odissea di un piccolo immigrato

di Carlotta Mazzanti

La copertina del libro "Nel mare ci sono i coccodrilli" di Fabio Geda (Baldini+Castoldi)

⭐⭐⭐⭐⭐

Classificazione: 5 su 5.

Nel mare ci sono i coccodrilli. Storia vera di Enaiatollah Akbari
Autore: Fabio Geda
Editore: Baldini&Castoldi
Genere: Memoir
Anno edizione: 2017
Pagine: 155

Consigliato a chi crede nei diritti umani, a chi vuole capire a fondo cosa vuol dire lasciare la propria casa e compiere un viaggio in cerca di un futuro migliore. Una lettura necessaria in un’epoca storica come quella che stiamo vivendo.

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Enaiatollah Akbari ha circa dieci anni quando, all’inizio del Duemila, si ritrova costretto a lasciare casa sua, l’Afghanistan, terra martoriata dalla guerra e dalle persecuzioni dei talebani. Non sa cosa lo attende una volta superato il confine, ma è un bambino coraggioso e pieno di speranza.

Fabio Geda lascia spazio al racconto in prima persona di Enaiat, il quale ci fa ripercorrere le tappe del suo viaggio: Afghanistan, Pakistan, Iran, Turchia, Grecia e poi, finalmente, Italia.

È addirittura la madre di Enaiat a spingerlo a lasciare l’Afghanistan. Infatti, la sua famiglia appartiene all’etnia hazara, fortemente attaccata dai fondamentalisti. Sin dalle prime pagine ci troviamo dunque a rapportarci con un grande dolore, quello di una madre che abbandona il proprio figlio per regalargli un futuro, non necessariamente migliore, ma comunque un futuro. Con queste emozioni nel cuore, ci accingiamo a vivere l’odissea del piccolo Enaiat.

Enaiat affronterà situazioni inimmaginabili nei territori di Pakistan, Iran, Turchia e Grecia. Infine, la luce: il nostro protagonista raggiunge l’Italia, terra di speranza e di nuovi inizi. È proprio qui che lasceremo Enaiat, al telefono con una persona che non ci saremmo mai aspettati. Ed è da questa telefonata che riprende l’ultimo romanzo di Fabio Geda, Storia di un figlio, edito da Baldini&Castoldi nel 2020.

Nel mare ci sono i coccodrilli si presenta come un monologo intenso, intervallato da brevi scambi di battute tra il giovane Enaiat e Geda, autore e moderatore allo stesso tempo. Il fatto che sia una storia prevalentemente narrata in prima persona consente di cogliere e apprezzare alcune particolarità dello stile. La narrazione attraverso le parole di Enaiat fa provare al lettore l’innocenza e al contempo la grande maturità di un ragazzino come lui, che ha dovuto affrontare un grande viaggio per poter trovare la serenità.

Questo romanzo, pur essendo stato pubblicato per la prima volta dieci anni fa, è spaventosamente attuale. Infatti, ancora oggi la tratta percorsa da Enaiat è molto trafficata e sono tanti i bambini e i giovani che decidono di intraprendere questo viaggio nel nome della speranza. Al lettore viene data la possibilità di comprendere a fondo cosa significhi migrare da territori sofferenti come l’Afghanistan. Solitamente si associa l’immigrazione in Europa alla tratta marittima (Libia−Italia). Tuttavia, esiste un altro percorso altrettanto pericoloso e frequentato.

Molto spesso, i media raccontano il fenomeno migratorio in modo impersonale, trasformando milioni di volti in numeri e statistiche, ma Geda ha donato ai lettori la possibilità di attribuire loro un nome e un vissuto.

Oltre a questi aspetti, c’è sicuramente una componente emotiva non indifferente, e riguarda l’esperienza di un bambino che si ritrova a dover vivere situazioni disumane e pericolose. Un bambino con una forza inaudita, che fugge lontano in cerca di un futuro migliore.

Interessante è poi soffermarsi sul titolo Nel mare ci sono i coccodrilli. Durante la traversata tra Turchia e Grecia si ripete più volte questo tormentone tra i compagni di viaggio amici di Enaiat. Hussein Alì ha paura che i coccodrilli gli mangino i piedi: “E se non è un coccodrillo, ha detto lui, magari è una balena”. Questi passaggi fanno sorridere il lettore adulto perché mettono in luce l’ingenuità di bambini che non sanno niente del mondo, ma allo stesso tempo conoscono molto più di quanto potessimo conoscere noi alla loro età. Quei “coccodrilli” potrebbero essere letti come una metafora della morte che trascina milioni di vite giù nell’oscurità negli abissi.

“Sulla costa c’era un faro. Era il nostro punto di riferimento. Ma a un certo punto non lo abbiamo più visto. Le onde erano talmente alte che lo coprivano, e Hussein Alì a quel punto si è messo a strillare e si è agitato moltissimo, diceva: ‘Siamo grandi come il dente di una balena, diceva. E le balene ci mangeranno. E se non ci mangiano loro, ci penseranno i coccodrilli, anche se voi dite che non ci sono. Dobbiamo tornare indietro, dobbiamo tornare indietro’.”

Geda dissemina il libro di frasi come questa, che fanno riflettere molto, anche su come un popolo considera l’altro. È incredibile come gli Stati europei, o più in generale occidentali, siano così conosciuti e ammirati dai giovani dei cosiddetti Paesi in via di sviluppo o, come in questo caso, dal piccolo Enaiat. Invece, un francese, un inglese, un italiano, cosa sanno davvero del mondo che si trova al di là del mare? Cosa sanno dei “coccodrilli” e dei sogni di un bambino costretto a scappare da casa? Se volete iniziare a pensarci, questo è il libro giusto.

Il libro in una citazione
«Ho camminato a lungo, seguendo una strada poco trafficata. D’un tratto, in fondo, ho visto spuntare due figure che si muovevano veloci. Quando si sono avvicinate, ho capito che erano due ciclisti. Mi hanno visto e − credo a causa dei miei vestiti sporchissimi, o per i capelli incrostati di catrame o per la mia faccia − hanno rallentato e si sono fermati. Mi hanno chiesto se andava tutto bene, se avevo bisogno di qualcosa, un gesto che mi ha fatto molto piacere. Abbiamo parlato in inglese, per quanto possibile, e quando il primo ha detto di essere francese io ho detto: Zidane. Poi, quando il secondo ha detto di essere brasiliano io ho detto: Ronaldinho. Conoscevo solo questo dei loro paesi, e volevo fargli sapere che li apprezzavo. Mi hanno chiesto da dove venivo io. Ho detto: Afghanistan. Loro hanno detto: Taleban, taleban. Questo era quello che loro sapevano del mio.»

29 ottobre 2020
© RIPRODUZIONE RISERVATA

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