Annarita è un’arzilla donnina di 84 anni. Costretta sulla sedia a rotelle, trascorre le giornate a osservare il vicinato dalla finestra di casa, in un anonimo complesso residenziale della periferia di Milano. A occuparsi di lei non è sua figlia Katia, che vive nel palazzo di fronte, bensì Olga, una badante rumena.
Quando Annarita scopre che la sorella di Olga è gravemente malata e ha bisogno di cure che non può permettersi, organizza con sua nipote Stella una banca del tempo. È così che Annarita e i suoi vicini, spinti da un grande senso di solidarietà e umanità, organizzano corsi di ogni genere per raccogliere il denaro necessario. Per sapere se riusciranno nell’intento, non ci rimane che leggere Non è mai troppo tardi, esordio letterario di Stefania Russo, 33enne milanese trapiantata a Modena.
LA VOCE DELLO SCRITTORE
Stefania Russo racconta
Non è mai troppo tardi
Stefania Russo, com’è nata l’idea di Non è mai troppo tardi?
«Nelle mie intenzioni iniziali, Non è mai troppo tardi doveva essere un noir ispirato a un fatto di cronaca che alcuni anni fa mi aveva molto colpita. Dopo aver sottoposto il primo capitolo alla mia editor, però, lei mi ha fatto riflettere su come Annarita avesse una voce molto ironica e su come fosse un peccato “sprecarla”. Mi sono quindi trovata a riprogettare la trama con l’intento di scrivere un romanzo “feel good” (per definizione capace di suscitare nel lettore un’empatia tale da far nascere emozioni utili a superare momenti difficili, ndr): così è nato il mio primo libro.»
A che tipo di lettore lo consiglierebbe?
«Ai lettori di narrativa contemporanea che abbiano voglia di riscoprire il valore della solidarietà e dell’aiuto reciproco.»
Perché il suo libro andrebbe letto?
«In generale, non mi piace mai autoincensarmi quindi difficilmente riesco a parlare bene del mio stesso prodotto (ogni scarraffone è bello a mamma sua). Però credo che Annarita, la protagonista, sia un personaggio adorabile nella sua semplicità. Credo meriti una chance.»
Qual è il messaggio che voleva lanciare?
«Non ho scritto Non è mai troppo tardi con l’idea di trasmettere una morale, anzi. Solitamente rifuggo dai paternalismi. Mi sono limitata a dare voce ai personaggi che albergavano nella mia mente e, con loro, alle loro paure, ai loro dubbi, ai loro guai e alle loro peripezie. Nell’insieme credo che dal racconto emerga una bella storia di altruismo e fiducia nel prossimo.»
Perché e quando ha deciso di iniziare a scrivere questo romanzo?
«Il perché è presto detto: la casa editrice me lo “commissionò” e io fui ben felice di accettare. Ho iniziato a scriverlo a settembre 2018, un paio di giorni dopo il mio compleanno.»
Questo è il suo primo libro ed è stato pubblicato da Sperling & Kupfer. Un grande esordio, oltretutto immediatamente successivo a un periodo tanto difficile come quello della pandemia. Ci racconta com’è avvenuto il primo contatto con la casa editrice e com’è proseguito il rapporto nonostante tutte le immaginabili difficoltà del momento?
«Sono stata contattata direttamente da loro perché avevano letto alcuni miei testi in giro per il web. La stesura è stata piuttosto travagliata per motivi personali: ho subìto un lutto importante e ho dovuto affrontare diversi problemi di salute. Inizialmente l’uscita era prevista per maggio 2020, ma il Covid ci si è messo di mezzo e ci ha costretti a farla slittare a luglio.»
Nel suo libro s’intrecciano storie di donne di diverse generazioni. Da chi ha tratto ispirazione per caratterizzarle?
«Da nessuno. Le ascoltavo “parlare” nella mia mente: mi sono solo limitata a mettere per iscritto le loro azioni e i loro pensieri.»
Dunque possiamo dire che sono nati prima i personaggi della storia…
«Esatto. In genere parto sempre da lì perché sono convinta che siano loro i veri pilastri di qualsiasi racconto. Si può partorire un intreccio originalissimo e sensazionale, ma se i personaggi non emozionano, l’intreccio non avrà alcun senso…»
Rapporti di vicinato e rapporti di famiglia. Come sono descritti in Non è mai troppo tardi?
«Credo in modo estremamente reale: a volte la famiglia con cui conviviamo non è esattamente quella che avremmo voluto, ma in qualche modo dobbiamo adattarci a essa e decidere se distaccarcene o continuare a provarci. Nel libro, Annarita farà scelte audaci nei confronti di sua figlia Katia, eppure perfino lei, alla fine, compirà un’evoluzione.»
Katia ricorre all’aiuto di Olga per aiutare sua madre Annarita perché non ha tempo da dedicarle. Il tempo è, in un certo senso, anche il regalo più grande che l’anziana e sua nipotina Stella fanno alla badante. Come definirebbe oggi il valore del tempo dedicato agli altri?
Credo che, in una società sempre più povera di risorse economiche, il tempo sia uno dei pochi strumenti che ci sono rimasti per dedicarci al prossimo. Il tempo è l’espressione fisica dell’affetto.
Le vicende si svolgono in un anonimo complesso residenziale di Milano, dal nome alquanto evocativo: il Mostro. Ha qualche legame con i luoghi in cui la storia è ambientata?
«Sono nata e vissuta a Milano per i primi vent’anni della mia vita. Durante la stesura ho fatto delle ricerche circa i complessi residenziali a canone agevolato nel capoluogo lombardo e ho scovato l’idea innovativa di un costruttore edile che aveva creato, qualche anno prima, qualcosa di molto simile al caseggiato che descrivo in Non è mai troppo tardi. “Il mostro di cemento” è un nome di fantasia che gli ho affibbiato per il suo essere immenso e grigio, a tratti senza vie d’uscita.»
Com’è arrivata al titolo? Lo ha proposto lei o lo ha scelto la casa editrice?
«Me l’ha proposto la casa editrice − io non so trovare titoli − e mi è sembrato immediatamente molto azzeccato.»
Quanto è durata la gestazione del testo e qual è stata la parte della lavorazione più difficile?
«La prima stesura ha richiesto quattro mesi di lavoro. Non ho trovato particolari difficoltà, tranne il dover imparare come si curano le piante (visto che la protagonista è dedita al giardinaggio). Quella, per me, è stata una vera violenza fisica. Spoiler: sono rimasta un pollice nero.»
Cosa direbbe se dovesse spiegarci come ha espresso la sua personale voce nel testo? In che modo lo ha reso “suo”?
Annarita racchiude tutta una serie di caratteristiche proprie della mia personalità: l’autoironia, la capacità di rialzarsi ogni volta, l’aberrazione verso ogni forma di pregiudizio, la sensibilità e l’umanità. Inoltre esprime idee che spesso condivido. Annarita è una me con qualche anno in più.
Avrebbe cambiato qualcosa dopo che il libro è stato pubblicato?
«Sì, ma non dirò cosa.»
Ritiene che i pareri di coloro che lo hanno letto rispecchino il suo
lavoro?
«Le impressioni dei lettori, come le opinioni dei clienti, sono sempre sacre, e vanno prese per buone nel bene e nel male.»
Prevede un seguito, sta già scrivendo altro oppure vuole posare la penna per un po’?
«Non credo ci sarà un seguito di Non è mai troppo tardi. Sì, sto già scrivendo altro. Naturalmente bisognerà capire se ci sarà spazio, da parte dell’editore, per pubblicarlo.»
Ha un autore o un’autrice di riferimento che l’ha ispirata nella stesura di questo libro?
«No, non ho tratto ispirazione da nessuno, anche se Annarita a tratti può ricordare il protagonista di Un calcio in bocca fa miracoli di Marco Presta o il Cesare della Tentazione di essere felici di Lorenzo Marone. Non ho pensato a una storia o un autore da cui trarre ispirazione, semplicemente volevo scrivere le vicende di una persona anziana e così ho fatto.»
Lei ha un’ottima presenza sui social media, dove condivide l’esperienza di mamma e lettrice. Visto che molti criticano il mondo social, vuole raccontarcene invece il lato positivo?
«Credo che oggi, per una persona che mira a farsi leggere, il web sia importantissimo. Io stessa sono arrivata alla grande editoria grazie al web. È un mondo difficile, una giungla di utenti che non si fanno scrupoli, ed è facile trovarsi coinvolti in dinamiche spiacevoli o in offese immeritate. Ma credo sia indispensabile per tutti coloro che cercano una vetrina per farsi conoscere, un trampolino dal quale tuffarsi.»
Ci dice tre titoli di libri che consiglierebbe a un amico lettore o a un’amica lettrice?
«La solitudine dei numeri primi di Paolo Giordano, Anna di Niccolò Ammaniti, Stoner di John Williams.»
6 ottobre 2020
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Non è mai troppo tardi
Autrice: Stefania Russo
Editore: Sperling & Kupfer
Genere: Moderna e contemporanea
Collana: Pandora
Anno di pubblicazione: 2020
Pagine: 230
Versioni disponibili: Cartaceo, eBook
Il libro sui social: @stefaniarussogram – pagina facebook; @stefaniarussogram – profilo instagram.
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