di Enzo Palladini

L’enigma della camera 622
Autore: Joël Dicker
Editore: La Nave di Teseo
Traduttrice: Milena Zemira Ciccimarra
Genere: Giallo
Anno edizione: 2020
Pagine: 632
Consigliato a chi si porta dietro un lungo percorso di libri gialli ma ha voglia di leggerne uno davvero insolito, pieno di colpi di scena, ricco di implicazioni psicologiche, capace di stupire a ogni voltapagina.
Che differenza c’è tra l’esistente e l’ente? Probabilmente un mondo intero, visto che il dibattito filosofico va avanti da secoli. E invece che differenza c’è tra quello che ci appare e quello che vogliamo credere? Anche qui siamo nell’ambito delle grandi distanze, perché se si vuole veramente credere a qualcosa si vede solo quello che si vuole vedere. Ed è proprio questo il gioco di Joël Dicker, giovane e brillante narratore svizzero che può spaventare con le dimensioni del suo romanzo L’enigma della camera 622, che una volta attaccato diventa però impossibile riporre sullo scaffale. Basta qualche decina di pagine per scoprire di essere in presenza di un talento puro e di una storia che si srotola tra continui colpi di scena, fino a un finale altrettanto stupefacente.
Si parte nell’ambito di un’apparente e ingannevole banalità. Il protagonista − in questi casi Dicker narra in prima persona − è uno scrittore ginevrino, che si imbarca in una storia d’amore con un’avvenente vicina di casa ma poi getta al vento questa opportunità lasciandosi fagocitare dal suo lavoro. Così, per cancellare tutto, parte per un breve periodo di vacanza a Verbier, nel Cantone dei Grigioni, e si imbatte in due situazioni: una ricca ereditiera attratta da lui e il giallo di un omicidio avvenuto qualche anno prima nella stanza occupata in quel momento dalla ragazza appena incontrata. È proprio lei a spingere lo scrittore a addentrarsi nella storia dell’omicidio, indagando come un vero e proprio poliziotto, interrogando protagonisti e testimoni sulla vicenda, per cercare di arrivare alla verità assoluta.
Da questo momento l’apparente linearità del racconto salta completamente. Tra le pagine cominciano ad affacciarsi i personaggi della storia: il banchiere ginevrino Macaire Ebezner, la splendida moglie russa Anastasia, a sua volta amante di Lev Levovitch, il vero genio della vicenda nonché avversario di Macaire nella corsa alla presidenza della banca privata per la quale entrambi lavorano. E poi il misterioso Sinior Tarnogol, una specie di eminenza grigia che nel suo lungo e torbido percorso è riuscito a influenzare in vari modi i destini della finanza ginevrina. Niente è quello che sembra ed è questa la grandezza di Dicker, che racconta i fatti facendoci credere che siamo chiari, evidenti, lampanti. Ci dice che A è uguale ad A ma qualche pagina dopo scopriamo che invece A è diverso da A e uguale a B, ma con delle sfumature di C. Il tutto senza inganni, semplicemente con una tecnica narrativa che incanta con il passare delle pagine.
C’è un omicidio su cui si basa l’enigma, ma per capire chi è stato assassinato bisogna aspettare tre quarti del racconto e, anche in questo caso, è una sorpresa notevole. Il nome dell’assassino si scopre nelle ultime pagine, non nell’ultima, perché poi Dicker si riserva un’ulteriore sorpresa che può essere svelata, tanto non va a influire sullo sviluppo meraviglioso della storia: in realtà l’io narrante, lo scrittore, non è mai andato in vacanza a Verbier e non ha mai lasciato la sua casa di Ginevra. Niente è come sembra e, se vogliamo credere a qualcosa, vediamo solo quello che vogliamo vedere.
Il libro in una citazione
«È difficile rendere omaggio alle persone straordinarie perché non si sa nemmeno da dove cominciare.»
2 ottobre 2020
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