Scialla e poi splendi è una raccolta di diciotto racconti brevi, che fotografano l’attuale universo giovanile mettendo a fuoco dinamiche e problemi di adolescenti inseriti in un precario contesto socio-culturale. L’autrice è Federica Storace, 49enne ligure, che ha tratto ispirazione dalla propria esperienza quotidiana di mamma e insegnante di scuola media inferiore.
Con un linguaggio e uno stile estremamente semplici, Storace affronta temi tanto delicati come il bullismo, i disturbi dell’apprendimento, l’inclusione, la disgregazione famigliare, l’abuso di alcolici e stupefacenti, le gravidanze indesiderate e non perde occasione per sottolineare come, nonostante l’assenza di punti di riferimento solidi, ci sia comunque la possibilità di sperare, realizzare i propri sogni, “splendere”.
I diritti d’autore derivanti dalla vendita di Scialla e poi splendi sono destinati a Sulle ali del mondo, onlus che si propone di promuovere la cultura della solidarietà in Italia e all’estero, rivolgendo particolare attenzione a famiglie, giovani e minori svantaggiati.
LA VOCE DELLO SCRITTORE
Federica Storace racconta
Scialla e poi splendi

Federica Storace, com’è nata l’idea di questo libro?
«L’idea è nata qualche anno fa, quando mi sono trovata a vivere un momento di difficoltà. La mia esperienza d’insegnante mi ha spinta a riflettere, in quei giorni, sui tanti problemi che i giovani, volenti o nolenti, si trovano ad affrontare pur non avendo, a differenza di un adulto, gli strumenti e la maturità per “venirne fuori” senza danni irreversibili. Ho deciso, perciò, di raccontare le loro storie anche perché mi sono resa conto che il mondo giovanile non è sempre conosciuto nella sua dimensione reale. Spesso si giudicano i ragazzi senza sapere quali pesi portano sulle spalle, si “misurano” con criteri ormai superati, magari anche sulla base di pregiudizi. Così ho deciso di mettere nero su bianco le esperienze che avevo vissuto raccontando la realtà, ma con uno sguardo di speranza.»
Qual è il messaggio che voleva trasmettere?
Spesso bisogna attendere i tempi di crescita di ciascuno, saper aspettare, dare l’aiuto necessario perché i giovani possano affrontare problemi, a volte anche gravi. I ragazzi esprimono il concetto del ‘devi aspettare’ con ‘scialla’. Lo splendore è il passo successivo: dopo che hai avuto il tempo per capire ciò che vuoi dalla tua vita, prendi il volo, afferra il tuo sogno, realizzalo e splendi. Sono luminose solo le persone che, magari anche a costo di grandi dolori e fatiche, arrivano a realizzarsi pienamente sia a livello personale sia in relazione agli altri.
Perché il suo libro andrebbe letto?
«Perché è originale, scritto con leggerezza ma denso di contenuti: è ironico, divertente, commovente e infine è breve. Quando s’inizia a leggere il primo racconto, parola dei lettori, è come con le ciliegie: uno tira l’altro e si arriva alla fine senza neppure accorgersene.»
A che tipo di lettore lo consiglierebbe?
«Personalmente lo consiglio sia ai ragazzi sia agli adulti. È stato considerato, inoltre, un buon strumento di lavoro da colleghi insegnanti e educatori.»
Come ha selezionato le problematiche adolescenziali?
«Sulla base delle problematiche che affronto, nella mia esperienza quotidiana, con i tanti ragazzi con cui vengo in contatto, a scuola e in altri contesti. Si tratta di problemi molto diffusi, con cui si fanno inevitabilmente i conti quando si condivide un’esperienza educativa con i giovani oggi.»
C’è solo realtà o anche fantasia in Scialla e poi splendi?
«C’è anche qualche “tocco” di fantasia, non volevo scrivere uno sterile resoconto di “negatività”. E, spesso, la realtà, in originalità, supera addirittura la fantasia.»
Qual è il filo conduttore dei racconti?
«La certezza che nessuna situazione − anche quella che può apparire senza via d’uscita, persino quella per cui la soluzione perfetta non esiste, come per esempio l’esperienza del lutto − è irrecuperabile come non lo è nessun ragazzo e nessuna ragazza. Il punto fermo su cui si basa questa convinzione è che, per vivere e crescere, bisogna fare l’esperienza di essere amati. L’amore, quello vero, è l’unico valore che resta e che permette di rinascere, di rialzarsi dopo ogni caduta.»
In un modo o nell’altro, i racconti si concludono con una nota positiva. Però nella realtà non è sempre così.
«Ho scelto di mantenere un’apertura alla speranza perché noi adulti non possiamo permetterci di togliere alle giovani generazioni, soprattutto in questo momento storico, i sogni e la possibilità di poterli realizzare.»
Come ha espresso la sua personale voce di scrittrice nel testo? In che modo l’ha reso “suo”?
‘Scialla e poi splendi‘ è ‘mio’ perché racconta dei miei ragazzi. La mia presenza di scrittrice sta nell’aver condiviso, attraverso le vicende dei protagonisti, la mia sensibilità, la mia vita perché, tra le righe di alcuni racconti almeno, ci sono anche io!
Com’è arrivata al titolo? Lo ha proposto lei o è stata una scelta della casa editrice?
«Io e l’editore volevamo un titolo d’effetto, che richiamasse immediatamente il mondo giovanile e destasse interesse. Così mi sono fatta aiutare dai miei alunni, che mi hanno suggerito il verbo “scialla”, usato nel loro linguaggio informale. Poi ho aggiunto io il resto, un altro verbo, “splendi”, ovvero l’augurio e l’obiettivo che volevo donare a loro e a tutti i futuri lettori del libro.»
Ritiene che i pareri di coloro che lo hanno letto rispecchino il suo lavoro?
«Il libro è stato letto sia dai ragazzi, che si sono riconosciuti nelle vicende narrate perché le problematiche affrontate sono molto diffuse, sia dagli adulti, che hanno avuto modo di riflettere sulla nuova generazione. Una generazione che conoscevano poco o credevano di conoscere.
Diversi mi hanno scritto, in privato, raccontandomi le loro storie, dicendomi che si erano rivisti nei personaggi, ringraziando per la speranza che ogni racconto lascia al lettore perché chi era ancora nei guai si sentiva incoraggiato: “Posso farcela anche io!”.
Agli adulti è piaciuta l’opportunità di scoprire una “chiave di lettura” nuova, diversa, sul mondo dei giovani che, spesso, sono i loro figli, nipoti… Mi pare di poter dire che il messaggio di Scialla e poi splendi è arrivato ai lettori.»
Quanto è durata la gestazione del testo e qual è stata la parte della lavorazione più faticosa?
«Ho impiegato qualche mese a scrivere il testo. Poco tempo. Una volta che ho l’idea e ho chiaro il messaggio che desidero comunicare, le parole escono con facilità dalla tastiera del pc. La parte più faticosa è la revisione, anzi le revisioni. In realtà, sull’aspetto della fatica prevale comunque il desiderio di scrivere un bel libro anche dal punto di vista formale e linguistico. Forse è più faticosa, poi, la ricerca di un editore interessato a pubblicarlo.»
Tra le tematiche affrontate c’è anche quella del cyberbullismo, che chiama inevitabilmente in causa l’abuso dei social media. In quanto insegnante, crede che nella scuola di oggi ci siano competenze adeguate per aiutare i ragazzi a non lasciarsi intrappolare dalla Rete?
«Di fronte a un problema così diffuso, grave, complesso, che può avere conseguenze devastanti – sono, purtroppo, numerosi i casi finiti in tragedia, riportati dalla cronaca che tutti conosciamo – la scuola sta lavorando molto in termini di prevenzione, educazione e controllo. Si cerca con tanti progetti, iniziative, esperienze laboratoriali e incontri di affrontare il problema con i ragazzi, di educarli al rispetto dell’altro, al saper distinguere tra ciò che è una scherzosa presa in giro e ciò che invece va oltre.
Si educano i ragazzi a un responsabile uso dei media e si coinvolgono anche le famiglie perché la collaborazione con queste ultime resta un punto di forza fondamentale.
In ambito scolastico ci sono competenze adeguate perché i docenti vengono formati ma ci si avvale, spesso, anche di esperti del settore sia per la preparazione degli insegnanti che per l’approccio con gli studenti. Sono molto utili gli incontri con la Polizia Postale, per esempio. E l’attenzione sull’argomento non si limita a momenti “specifici”, “dedicati”, ma continua poi, con altre modalità, anche durante l’attività disciplinare, che sta diventando sempre più “interdisciplinare”. Certo ci sono ancora molti margini di miglioramento. L’impegno, però, è sinceramente tanto.»
Bisogna riconoscere che esiste anche un lato bello dei social, che per esempio possono contribuire alla diffusione di informazioni e all’acquisizione di competenze. Secondo lei la scuola di oggi riesce a insegnare agli adolescenti a sfruttare al meglio questa potenzialità?
«Poco per volta, sì. Servono però ancora tempo, formazione e strumenti adeguati. In questo senso la didattica online, attivata durante il periodo di chiusura per l’emergenza Covid, è stata, pur con i suoi inevitabili limiti, una buona “palestra”, i cui risultati positivi saranno senz’altro approfonditi, migliorati.»
Purtroppo nel nostro Paese solitamente i racconti non sono molto apprezzati dai lettori né molto praticati dagli autori, a differenza del romanzo. Lei, che ne ha scritti diversi, cosa ne pensa?
«Il principale problema è, secondo me, che in Italia si legge sempre meno. Per la mia esperienza, però, devo dire, che i racconti stanno riaccendendo l’interesse per la lettura anche perché, di solito, sono più brevi dei romanzi e questo spaventa meno i lettori poco accaniti. Gli appassionati, invece, li sanno apprezzare comunque.»
Prevede che da qualche racconto di Scialla e poi splendi possa nascere un seguito o addirittura un romanzo?
«Per ora no, perché sono impegnata in altri due lavori, ma mai dire mai. Ho la fortuna di poter “attingere” a un repertorio vastissimo per quanto riguarda il mondo giovanile. Devo dire, però, che a me piacciono di più le “creazioni” nuove che i sequel.»
Lei ha sperimentato anche la scrittura a quattro mani. Con Anna Maria Frison, insegnante affetta da Parkinson venuta a mancare lo scorso 19 agosto, nel 2017 ha firmato una raccolta di fiabe. Ci racconta com’è andata?
«Proprio perché scritto a quattro mani con Anna Maria, Impossibili ma non troppo, storie di cuore e fantasia è forse quello, tra i miei libri, che più mi sta a cuore perché nasce da un’esperienza umana prima di tutto e professionale poi, che è stata molto significativa per entrambe. Anna Maria e io condividevamo un profondo rapporto di affetto e stima reciproci.
Qualche anno fa, in estate, Anna Maria ha attraversato uno dei momenti critici causati dal Parkinson. Ho pensato così di aiutarla coinvolgendola in un “gioco” che la distraesse senza affaticarla. Ogni giorno inventavo una storia e gliene raccontavo metà al telefono. Il giorno dopo ci dovevamo scambiare i finali che avevamo inventato, confrontandoli e confrontandoci.
Con il passare del tempo, ci siamo rese conto che le favole/fiabe che inventavamo veicolavano messaggi importanti così abbiamo pensato di scriverle. Dal punto di vista pratico, mi sono occupata io della stesura perché lei non era in grado di farlo: Mr. Park (così chiamavamo ironicamente la malattia) glielo impediva. Comunque i contenuti, le trame, i finali… tutto è stato condiviso perciò il lavoro è stato svolto davvero a quattro mani.
Alla fine ho pensato che valeva la pena di proporlo a un editore e in effetti la Elledici Editrice ha poi realizzato un piccolo gioiello.
Scrivere un libro a quattro mani, con le particolari modalità che erano necessarie per salvaguardare le condizioni di salute di Anna Maria, lavorando molto al telefono, sembrava davvero impossibile, invece abbiamo sperimentato che ciò che è impossibile non lo è mai… troppo.»
Cosa le ha lasciato questa esperienza?
«Mi ha dato l’opportunità di promuovere il libro in tanti modi, curando laboratori di scrittura e lettura, collaborando con scuole, municipi, biblioteche, raggiungendo moltissimi lettori, arrivando al Salone del libro di Torino e a quello di Francoforte, sempre condividendo tutto con Anna Maria a cui io, di fatto, prestavo soltanto la voce, le mani, le gambe. Ci confrontavamo sempre su ogni esperienza, le valutavamo insieme…
Ma soprattutto mi ha lasciato la certezza, che in questo momento in particolare mi sostiene, che l’amore, anche se deve attraversare le strettoie del dolore, ha sempre l’ultima parola. Rende possibile l’impossibile e vince anche la morte.»
Lei insegna lettere in una scuola media. Che rapporto hanno i suoi studenti con la lettura? È possibile trasmettere ai ragazzi di oggi la passione per essa?
«In genere ai ragazzi non piace leggere. Sono pochi gli appassionati, ma ci sono ancora, per fortuna! Credo sia inutile imporre la lettura, agli adolescenti almeno. Agli alunni io consiglio libri da leggere in modo apparentemente casuale e cerco di descrivere le trame senza svelare il finale così da suscitare curiosità. Con alcuni ci riesco, con altri no.
Forse un modo per trasmettere la passione è far maturare loro l’esperienza pratica di come e perché nasce un libro, organizzare incontri con gli autori, laboratori in cui i libri diventano strumenti con cui lavorare, inventare… non solo pagine da leggere. Non è semplice.»
Ci dice tre libri che consiglierebbe a un adolescente?
«Anche più di tre. L’amore prima di noi di Paola Mastrocola e alcuni classici intramontabili come Il piccolo Principe di Antoine de Saint-Exupéry, Piccole donne di Louisa May Alcott, L’isola del tesoro di Robert Louis Stevenson… la scelta è davvero ampia, ma purtroppo i classici sono poco apprezzati. Consiglio anche la lettura di Mio fratello rincorre i dinosauri di Giacomo Mazzariol, così poi i ragazzi possono guardare il film e confrontare libro e trasposizione cinematografica.»
Ci dice anche tre libri che invece consiglierebbe ai genitori di un adolescente?
«Ghiaccio bollente di Daniela Patrignani, Sopravvivere con un adolescente in casa di Anna Oliverio Ferraris e Genitori e adolescenti di Federica Benassi. Ma ce ne sarebbero molti altri…»
8 settembre 2020
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Scialla e poi splendi

Autrice: Federica Storace
Editore: Placebook Publishing – Pedrazzi
Genere: Racconti
Collana: I Corti
Anno di pubblicazione: 2019
Pagine: 106
Versioni disponibili: Cartaceo, eBook
Altri libri dell’autrice: La famiglia non è una malattia grave (San Paolo Edizioni, 2007), Banchi di squola (Macchione Editore, 2010). Si segnala anche la pubblicazione di racconti in diverse antologie, tra le quali Europa (Infinito Edizioni, 2019), Andrà tutto bene (Tomolo Edizioni, 2020), Cara Italia ti scrivo (La Tigulliana Edizioni, 2020)
Il libro sui social: @storace.federica – profilo facebook; @federicastorace – profilo instagram.
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