I commenti del Let’s Book Club
Cosa scrivono i lettori sui profili social di Let’s Book in merito a “Kentuki”

“I kentuki [sono] peluche controllati da sconosciuti che si intrufolano nelle vite delle persone. I motivi che spingono ad acquistare un kentuki sono molteplici: solitudine, desiderio di evasione, e, come ogni cosa, questi animaletti tirano fuori il meglio e il peggio del genere umano. Il romanzo è strutturato in una serie di episodi, quasi come se ciascun capitolo fosse un racconto a se stante, in cui è illustrata questa kentuki-mania. Si tratta di una storia avvolgente, dai tratti distopici, che porta alla luce le insidie della tecnologia, camuffandole dietro il sottile velo della finzione.”
@cocktaildilibri su instagram (19 maggio 2020)
“Brillante e sconvolgente, come dice la copertina. Il virtuale portato oltre un nuovo livello, nuove forme di (in)comunicabilità. Tensione sempre alta, inquietante, sorprendente.”
@Dreamhunter72 su twitter (29 marzo 2020)
“Storie di ordinaria solitudine nell’epoca dei social e del ‘perennemente connessi’. Mi è piaciuto? Nì. L’idea di fondo è interessante però poi la narrazione diventa un po’ noiosa perché ripetitiva.”
@vitolillo5 su twitter (2 marzo 2020)
Kentuki
Autrice: Samanta Schweblin
Titolo originale: Kentukis
Traduttrice: Maria Nicola
Editore: Edizioni Sur
Genere: Moderna e contemporanea
Anno edizione: 2019
Pagine: 230
Cosa scrive l’editore
Buenos Aires, interno giorno. Ma anche Zagabria, Pechino, Tel Aviv, Oaxaca: il fenomeno si diffonde in fretta, in ogni angolo del pianeta, giorno e notte.
Si chiamano kentuki: tutti ne parlano, tutti desiderano “avere” o “essere” un kentuki. Topo, corvo, drago, coniglio: all’apparenza innocui e adorabili peluche che vagano per il salotto di casa, in realtà robottini con telecamere al posto degli occhi e rotelle ai piedi, collegati casualmente a un utente anonimo che potrebbe essere dovunque. Di innocuo, in effetti, hanno ben poco: scrutano, sbirciano, si muovono dentro la vita di un’altra persona.
Così, una pensionata di Lima può seguire le giornate di un’adolescente tedesca, e gioire o preoccuparsi per lei; un ragazzino di Antigua può lanciarsi in un’avventura per le lande norvegesi, e vedere per la prima volta la neve; o ancora un padre fresco di divorzio può colmare il vuoto lasciato dall’ex moglie.
Le possibilità sono infinite, e non sempre limpide: oltre a curiosità e tenerezza, il nuovo dispositivo scatena infatti forme inedite di voyeurismo e ossessione.
Come i kentuki aprono una finestra sulla nostra quotidianità più intima, così Samanta Schweblin apre uno squarcio nella narrazione del reale: con un immaginario paragonato a quelli di Shirley Jackson e David Lynch, l’autrice trasporta il lettore in un’atmosfera ipnotica, regalandoci una storia sorprendente e dal ritmo vertiginoso.
Citazioni tratte dal libro
Era stato allora che li aveva visti per la prima volta. Ce ne dovevano essere una quindicina, una ventina, impilati nelle scatole. Non erano solo dei pupazzi, questo era chiaro. Perché i clienti potessero vederli, diversi modelli erano esposti fuori dalla confezione, ma abbastanza in alto perché non fossero raggiungibili. Alina prese una delle scatole. Erano bianche ed essenziali, come le scatole dell’iPhone e dell’iPad di Sven, ma più grandi. Costavano 279 dollari, una cifra considerevole. Non erano belli, eppure avevano qualcosa di sofisticato che non riusciva a mettere a fuoco. Che cos’erano esattamente? Posò la borsa e si piegò sulle ginocchia per vederli meglio. Le immagini sulle scatole mostravano diversi animali. C’erano topi, conigli, corvi, panda, draghi e civette. Ma non ce n’erano due uguali, cambiavano i colori e i materiali, alcuni erano customizzabili.
@cocktaildilibri su instagram (19 maggio 2020)