di Ilaria Marani
4 3 2 1
Autore: Paul Auster
Editore: Einaudi
Traduttrice: Cristiana Mennella
Genere: Moderna e contemporanea
Anno edizione: 2019
Anno prima edizione: 2017 (Usa)
Pagine: 960
Consigliato a chi ha letto e apprezzato David Copperfield di Charles Dickens, Stoner di John Williams e Finzioni di Jorge Luis Borges.
Cosa sarebbe stato della nostra vita se invece di quella scelta ne avessimo fatta un’altra? Questa è la domanda cardine di 4 3 2 1, progetto letterario ambizioso e perfettamente riuscito.
L’ultima fatica di Paul Auster, che egli stesso avrebbe voluto originariamente intitolare Ferguson, s’innesta su quattro trame, che raccontano le altrettante vite — reali o potenziali — di un giovane americano. D’altra parte, l’esistenza di ogni uomo custodisce al suo interno tutte le molteplici altre che non si sono realizzate.
Divisa in sette capitoli, disposti in successione cronologica con uno sviluppo di tipo parallelo, ogni trama di 4 3 2 1 accompagna il lettore lungo la storia di Archibald Isaac Ferguson, dall’infanzia al quarto di secolo d’età, secondo uno schema che si rifà ai romanzi di formazione classici.
Il capitolo introduttivo si sofferma sulla famiglia e sulla nascita di Archie, ragazzo ebreo che viene alla luce a Newark il 3 marzo 1947, dunque esattamente nello stesso anno e nello stesso luogo in cui Auster emise i primi vagiti.
Dopodiché il romanzo si quadruplica, con lo scopo di mostrare i diversi risvolti che una stessa vita può avere a seconda delle scelte, compiute sia in prima persona che da altri, o più in generale delle conseguenze che sarebbero scaturite da eventi in realtà non accaduti.
Sullo sfondo del New Jersey e dell’America degli anni d’oro, con i suoi protagonisti e le sue contraddizioni (J.F.K, Martin Luther King, la guerra del Vietnam, gli scontri razziali e i tumulti del 1968), tra differenze e costanti, disavventure e fortune, il lettore non potrà che seguire Archie e gioire o soffrire con lui, affezionandoglisi in egual misura in ciascun corso della sua vita.
Inizialmente la struttura potrebbe creare qualche difficoltà nella lettura, tuttavia la possibile confusione andrà scemando a mano a mano che il lettore proseguirà e si addentrerà nelle vicende.
Lo schema scelto dall’autore è quello che meglio si confà al reale intento del libro: spingerci a interrogarci sulle molte vite che avremmo potuto vivere, sulle sfaccettature del caso — vero artefice del destino di ognuno di noi — e sul concetto d’identità: il carattere di una persona, la sua identità per l’appunto, è frutto della genetica oppure sono le esperienze di vita a determinare quello che è?
Non è la prima volta che Paul Auster affronta questo discorso, come ben saprà chi ha già letto altri suoi scritti, di cui peraltro in 4 3 2 1 compaiono fugacemente alcuni personaggi come, per esempio, Daniel Quinn della Trilogia di New York, Marco Stanley Fogg di Moon Palace, David Zimmer del Libro delle illusioni e Adam Walker di Invisibile. Tuttavia, Auster mai aveva dedicato al tema dell’identità un’opera così complessa e ben costruita, non a caso definita da molti “il suo capolavoro”.
Seppur sconsigliabile, perché si perderebbe parte del senso del romanzo, resta comunque la possibilità di leggere il libro scomponendolo e ricomponendolo secondo uno schema più lineare. Infatti, 4 3 2 1 si presta a essere letto in due modi differenti: com’è stato voluto dall’autore, che ha organizzato il contenuto per fasi di crescita del protagonista, oppure seguendo la successione degli eventi nel corso di ogni versione della sua vita (cioè leggendo prima i sottocapitoli 2.1, 3.1, 4.1, poi 2.2, 3.2, 4.2 e così via).
La prosa di Paul Auster è di tipo descrittivo, precisa e ricca di particolari, ma mai pesante, tanto che il lettore è costantemente invogliato a proseguire. Quella di Auster è una scrittura pulita e ben bilanciata nonché capace, a seconda dei casi, di essere energica o evocativa e quasi poetica in più di un passaggio.
Divertente e commovente, 4 3 2 1 è un romanzo che riuscirà a solleticare anche l’appassionato di letteratura visti i numerosi riferimenti ai più disparati autori, da Charles Dickens a Fëdor Dostoevskij, passando per Henry David Thoreau. Gli irriducibili amanti di Auster ne saranno poi alquanto deliziati perché accetteranno di buon grado la sfida di cogliere i tanti riferimenti alla sua opera estremamente poliedrica.
Il libro in una citazione
«Sì, tutto era possibile, le cose andavano in un modo ma ciò non toglieva che potessero andare in un altro. Tutto poteva essere diverso.»
15 luglio 2020
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