Kylie Hanson è l’instancabile leader della squadra di calcio femminile di Saint Leo, città che da anni aspetta di conquistare il campionato. A un passo dall’ambito traguardo, Ky rimette in discussione ogni certezza. Della sua sfida ci racconta in #IoGioco Linda Colombo, 39enne lombarda ortottista e assistente di oftalmologia nonché calciatrice.
Alla prima esperienza letteraria, Colombo ha scritto un romanzo a due voci, in cui le prove da superare sul campo di calcio diventano metafora della vita.
LA VOCE DELLO SCRITTORE
Linda Colombo racconta #IoGioco
Linda Colombo, com’è nata l’idea di #IoGioco?
«La passione per il calcio mi ha dato una bella spinta e piano piano quella serie disordinata di appunti, scritti ogni domenica sera dopo le mie partite, ha preso una forma ben diversa. Non stavo più facendo la cronaca delle azioni migliori o elencando i risultati della mia squadra: quasi senza accorgermi avevo iniziato a raccontare una storia nuova, la storia di Ky e dei suoi Lions.»
A che tipo di lettore consiglierebbe il suo libro?
«A chiunque abbia voglia di immergersi in una storia semplice, fatta di quotidianità, vittorie e sconfitte, gioie e delusioni, passione e amicizia, scelte più o meno difficili. Mi piacerebbe che chi si approccia a #IoGioco non lo faccia pensando che sia solo un libro sul calcio o una mera descrizione di una serie di risultati.»
Dunque perché #IoGioco andrebbe letto?
«Perché ciascuno di noi si potrebbe riconoscere nella storia di Ky. Quante volte ci siamo sentiti inadeguati o abbiamo avuto la tentazione di mollare tutto? Quante volte abbiamo dato fiducia a chi poi ha deluso le nostre aspettative? E, invece, quante volte abbiamo incontrato qualcuno che ci ha preso per mano e ha vinto la nostra diffidenza? #IoGioco è tutto questo.»
Qual è esattamente il messaggio che voleva trasmettere?
Spesso il mondo ci cuce addosso un’etichetta, sceglie quello che dobbiamo essere. Per tutti Ky è il capitano, nient’altro che il capitano, e anche Ky stessa se n’è ormai convinta. Ma è davvero così? Mi piacerebbe che passasse il messaggio che nella frenesia delle nostre vite non c’è nulla di male a rallentare, guardarsi intorno, prendere le distanze da chi siamo e decidere chi vogliamo essere. Per usare una metafora calcistica, dovremmo imparare a giocare la partita a modo nostro, non come si aspettano gli altri!
Perché e quando ha deciso di iniziare a scrivere questo libro?
«Ho iniziato a scrivere a gennaio 2018, in un periodo piuttosto negativo a livello personale. Questo libro è stato la mia via d’uscita. Avevo bisogno di trovare qualcosa di mio, in cui valesse la pena mettere tutte le mie energie, che mi realizzasse completamente e mi permettesse di buttar fuori… me stessa. Si dice che scrivere sia terapeutico: il mio terapista sono state proprio quelle pagine.»
C’è un personaggio in cui si rivede?
«Potrei dire che Ky sia il mio alter ego e mi rivedo nel suo percorso di crescita personale e nella scoperta di se stessa. La grossa differenza tra di noi è che io non sono così brava a giocare a calcio!»
Eppure lei gioca a calcio sin da quando era bambina. Perché scelse proprio questo sport e cosa la spinge a continuare a praticarlo a 39 anni?
«Credo sia stata colpa di mio fratello! Da bambini, lui e i suoi amici organizzavano partite nel cortile sotto casa e io, che sono più piccola di lui di tre anni, che potevo fare? Annoiarmi a guardarli divertirsi o buttarmi nella mischia? Sono cresciuta così, correndo dietro a un pallone in quel cortile, che per me era il campo di calcio più bello del mondo. Poi, a 11 anni, dopo una breve esperienza poco fortunata con il pattinaggio a rotelle − merito questa volta di mia sorella − sono entrata a far parte di una vera squadra. Ciò che mi spinge a continuare ancora oggi a giocare sono la passione per uno sport che mi ha dato tanto, il continuo desiderio di mettermi alla prova − soprattutto ora che devo affrontare sul campo ragazze che hanno la metà dei miei anni − e le mie ginocchia che, nonostante gli infortuni, non hanno ancora detto basta.»
Ha qualche legame affettivo con i luoghi in cui sono ambientate le vicende del testo?
«Mi sono ispirata a luoghi realmente esistenti, che mi hanno colpito per bellezza e peculiarità e di cui conservo ricordi per lo più piacevoli, a parte le salite dell’isola dove le ragazze dei Lions perfezionano la loro preparazione fisica in vista dell’inizio del campionato. Quelle salite mi ricordano gambe affaticate e dolori ovunque, dopo durissime sessioni di allenamento. No, quello non è affatto un bel ricordo!»
Ha concepito il testo così com’è stato pubblicato o inizialmente aveva un’altra idea?
«Direi che complessivamente ho rispettato l’idea iniziale per ciò che riguarda la storia, anche se qualche dubbio sull’efficacia del finale l’ho avuto, ma poi ho deciso di mantenere tutto come avevo pensato in origine. Ciò che non era previsto, almeno inizialmente, era dare voce a Lexi e al suo punto di vista, oltre che a Ky. Questa è una scelta stilistica che ho fatto a opera in corso, pensando che fosse utile per conoscere meglio e rendere più completa la caratterizzazione di Ky.»
Il titolo ha qualche riferimento autobiografico?
«Tra le mie compagne di squadra ce n’era una che, quando era infortunata, squalificata o comunque non in grado di scendere in campo, non si rassegnava e mi ripeteva sempre “io gioco”. A volte non si reggeva nemmeno in piedi, eppure voleva entrare in campo a tutti i costi. Così è nato l’hashtag #IoGioco. Non è semplice spiegare a chi è estraneo a queste dinamiche quanto su quel rettangolo verde il furore agonistico possa spingerti oltre il limite − a volte fin quasi all’esagerazione − tanto da non volerti mai fermare, anche di fronte alla stanchezza o al dolore per un infortunio. Quando si è trattato di scegliere il titolo, perciò, non ho avuto dubbi: quelle due parole così semplici e allo stesso tempo così potenti dicono molto del significato del libro.»
Quanto è durata la gestazione del testo e qual è stata la parte della lavorazione più faticosa?
«Ho impiegato circa un anno e mezzo per la stesura del libro, anche se alcune modifiche al testo sono state apportate poco prima della pubblicazione. Entrare veramente nel personaggio di Ky, andare oltre le sue indiscutibili qualità calcistiche e i suoi gol e scavare nella sua psicologia ha richiesto uno sforzo notevole, ma ne è valsa davvero la pena.»
Da chi ha tratto l’ispirazione per delineare i suoi personaggi?
«Ho preso spunto da persone che hanno fatto parte della mia vita, calcistica e non. Dare loro un volto è stato un modo per sciogliere il ghiaccio. Poi, naturalmente, ogni personaggio ha preso la sua strada.»
Sono nati prima i personaggi o la storia?
«Direi insieme: Ky e anche Lexi, l’altra figura cardine, sono la storia di #IoGioco.»
Prevede un seguito?
«È un’idea ancora molto vaga nella mia testa. Senza anticipare nulla a chi vorrà leggere il libro, posso dire che il finale lascia spazio a un possibile seguito, anzi. Lascia aperte diverse porte. Insomma, potrei avere ancora qualcosa da dire su Ky e i Lions o, magari, su Lexi.»
Avrebbe cambiato qualcosa dopo che il libro è stato pubblicato?
«Forse sì. Credo si possa sempre migliorare. Questa è la mia prima esperienza di scrittura e pubblicazione di un libro. Mi sono letteralmente catapultata in un mondo fino a pochi mesi fa a me sconosciuto e pensare di aver fatto tutto alla perfezione sarebbe alquanto presuntuoso. Individuare gli errori commessi e imparare da essi potrà essere utile per affrontare con più consapevolezza future esperienze letterarie.»
Ritiene che i pareri di coloro che hanno letto il libro rispecchino il suo lavoro?
«Chi ha letto il libro finora ha colto diversi aspetti: c’è chi si è soffermato sul tema dell’amicizia, chi sul calcio come metafora della vita, chi ha messo in risalto il coraggio di non arrendersi e lottare per i propri sogni oppure la forza di reagire alle sconfitte e tirare fuori il meglio di se stessi… Amo leggere le recensioni e ascoltare i pareri sul mio libro, perché ogni lettore mi arricchisce con le proprie osservazioni, e magari anche con qualche critica. Quello che conta veramente è che un libro trasmetta qualcosa al lettore, qualunque cosa. Nel mio piccolo, per ciò che ho potuto constatare finora, posso dire di esserci riuscita quasi sempre e questo mi rende molto orgogliosa.»
Lei non si definisce ancora una scrittrice, ma cosa direbbe se dovesse spiegarci come ha espresso la sua personale voce nel testo? In che modo lo ha reso “suo”?
Ho vissuto il libro con la stessa passione con cui ogni domenica scendo in campo da quasi trent’anni. Proprio così, non le ho solo scritte quelle pagine, le ho proprio vissute, forse perché sento Ky molto vicina a me e a quella che sono.
Ha pubblicato #IoGioco in self. Perché questa scelta?
«Il self publishing ti permette di scegliere tutto come vuoi: dall’impaginazione alla copertina, al formato, alle modalità di distribuzione. So che molti guardano con sospetto i testi autopubblicati e sicuramente una copertina con il nome di una casa editrice importante colpisce, ma per me contava di più che il libro rimanesse completamente mio, non solo nella fase di stesura ma anche in quella della pubblicazione. Insomma, comunque andrà, mi prenderò oneri e onori, tutti compresi!»
Com’è stata la sua esperienza con Youcanprint? La pubblicazione è stata molto onerosa?
«L’esperienza è stata complessivamente positiva e, tutto sommato, non molto onerosa. Sono soddisfatta di com’è stato gestito il lavoro. Qualche intoppo ha movimentato il periodo della quarantena, ma non ha comunque impedito di rispettare i tempi previsti per la pubblicazione.»
Ha un autore o un’autrice di riferimento che l’ha ispirata nella stesura di questo libro?
«Non proprio per la stesura quanto per il doppio punto di vista di Ky e Lexi, attraverso il quale si snodano le vicende narrate, mi sono ispirata al regista Makoto Shinkai e a Your Name: in questo caso è chiaro che far parlare in prima persona entrambi i protagonisti, che vivono in epoche diverse, è stato un espediente quasi inevitabile per dare un senso alla storia. Mi sono chiesta se fare una scelta simile potesse dare una marcia in più a #IoGioco e la risposta è stata decisamente affermativa.»
Grazie alla partecipazione della Nazionale ai Mondiali 2019, nel nostro Paese il calcio femminile è stato riscoperto e rivalorizzato. Secondo lei, in Italia prenderà sempre più piede o è destinato a ritornare uno sport di nicchia?
«È vero, in Italia il calcio femminile ha vissuto il suo momento di gloria l’estate scorsa, tanto che c’è stato un boom di nuove tesserate. Tuttavia, gli interessi che girano intorno a esso non sono e non saranno mai paragonabili a quelli che rendono il calcio maschile lo sport nazionale per eccellenza. Sicuramente il movimento è in crescita, ma, purtroppo − ed è un peccato − non penso che da noi il calcio femminile, come moltissime altre discipline che meriterebbero più attenzione, avrà mai un grosso seguito di pubblico e sponsor.»
Ci dice tre titoli di libri che consiglierebbe a un amico lettore?
«Il cavaliere d’inverno di Paullina Simons: ancora mi domando come l’autrice riesca a tenere alta l’attenzione del lettore per oltre 600 pagine. Follia di Patrick McGrath, dimostrazione di quanto l’amore possa essere travolgente e incontrollabile. Cambiando completamente genere, per finire su qualcosa di più leggero, più che un libro consiglierei il manga di Mitsuru Adachi, Touch: amo l’espressività dei suoi disegni “silenziosi”, la trovo più potente di ogni parola.»
9 luglio 2020
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#IoGioco
Autrice: Linda Colombo
Editore: Youcanprint
Genere: Moderna e contemporanea
Anno di pubblicazione: 2020
Pagine: 142
Versioni disponibili: Cartaceo, eBook
Il libro sui social: @iogiocoillibro – pagina facebook; @iogioco2020 – profilo instagram
Sito web: https://lindacolombo.blogspot.com
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