di Virginia Marinelli
Il miglio verde
Autore: Stephen King
Editore: Sperling & Kupfer
Genere: Moderna e contemporanea
Traduttore: Tullio Dobner
Anno di edizione: 2013
Anno prima edizione: 1996 (Usa)
Pagine: 556
Consigliato a chi ama i romanzi che trattano temi importanti come la pena di morte, la giustizia e il razzismo.
L’ex capo delle guardie carcerarie Paul Edgecombe, ormai centenario e ospitato in una casa di riposo, decide di trascrivere gli avvenimenti risalenti all’autunno del 1932, quando lavorava nel braccio della morte del penitenziario di Could Mountain.
In quel periodo, nel Blocco E, chiamato anche “il miglio verde” per il colore della pavimentazione del corridoio, si trovano tre detenuti: Eduard Delacroix, detto Del; Bill Wharton, soprannominato “Billy the Kid” perché fanatico del noto criminale statunitense; e John Coffey, tutti accusati di aver commesso degli efferati delitti e tutti condannati alla sedia elettrica, scherzosamente soprannominata dalle guardie Old Sparky, la “vecchia scintillante”.
La narrazione di Paul si sviluppa su due piani temporali e ha per protagonista Coffey, ragazzone di colore dall’animo buono e sensibile, condannato per lo stupro e l’omicidio di due gemelline, Cora e Kate Detterick. Coffey è dotato di misteriosi poteri soprannaturali e allo stesso tempo tormentato dalle sue stesse capacità, che gli causano molte sofferenze, soprattutto quando non è in grado di aiutare gli altri come vorrebbe.
Paul si rende conto sin da subito delle differenze tra i tanti detenuti e Coffey, che ha paura del buio, non riesce ad allacciarsi le scarpe e piange spesso di fronte alla sofferenza che avverte negli altri. Così Paul decide di indagare a fondo sulla presunta colpevolezza di Coffey.
Il miglio verde di Stephen King − romanzo prima pubblicato a puntate con cadenza mensile, da marzo ad agosto 1996, e poi raggruppato in un unico volume − è un testo estremamente scorrevole.
L’autore, che nella prefazione rivela di essersi liberamente ispirato a Charles Dickens per la narrazione a episodi, riesce a caratterizzare così bene i personaggi al punto da indurre il lettore a empatizzare con molti di loro benché di primo acchito potrebbe sembrare impossibile farlo. Spicca fra tutti Delacroix: nonostante sia colpevole di aver violentato e ucciso una ragazza e di aver causato la morte di altre sei persone nel tentativo di bruciare il cadavere della giovane, “Del” non viene dipinto da King come un “mostro” bensì come un uomo dotato di una sensibilità tale da affezionarsi a un topolino, chiamarlo Mr. Jingles e accudirlo quasi come fosse un figlio. Purtroppo sia Mr. Jingles che “Del” si ritroveranno a rapportarsi con la malvagità di una delle guardie carcerarie, Percy, che cercherà con tutti i mezzi possibili di provocare dolore e sofferenza ai più deboli.
Un altro personaggio emblematico è Wharton. Psicopatico, cinico e violento, è giunto al blocco E per una rapina sfociata nell’omicidio di sei persone, tra cui una donna in stato di gravidanza. “Billy the Kid” si dimostra subito un detenuto molto pericoloso, dalla condotta ingestibile e violenta, e crea diversi problemi alle guardie carcerarie, costrette più volte a metterlo in isolamento.
Come accade in molti altri romanzi di King, anche in questo caso assistiamo a un’inusuale lotta tra il bene e il male, in cui il detenuto non sempre viene visto come il cattivo e le guardie non agiscono tutte sul fronte del bene.
Di notevole impatto sono le minuziose descrizioni delle esecuzioni, necessarie per portare il lettore a riflettere sul concetto di giustizia e sullo strumento poco etico della sedia elettrica, che si rivela tale non solo per i condannati ma anche per le famiglie delle vittime che decidono di assistere all’esecuzione e persino per coloro che devono farne uso per lavoro.
Al termine della lettura nasce spontanea tutta una serie di riflessioni su temi importanti relativi alla vita e alla morte e sul concetto di giustizia. Un capolavoro toccante e profondo, da cui è stato tratto nel 1999 l’omonimo film, con la regia di Frank Darabont e con Tom Hanks nei panni di Paul Edgecombe.
Il libro in una citazione
«Il tempo si prende tutto, che tu lo voglia o no. Il tempo si prende tutto, il tempo lo porta via, e alla fine c’è solo oscurità. Talvolta incontriamo altri in quell’oscurità e talvolta li perdiamo di nuovo là dentro.»
30 giugno 2020
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