Diana ha 16 anni e, pur attraversando una fase della vita in cui le emozioni prendono abitualmente il sopravvento, lei non riesce a riconoscerle, né le sue né quelle altrui. Il trasferimento dovuto al nuovo lavoro del padre non semplifica le cose. Una soluzione la prospettano però i medici, che propongono a Diana una terapia alquanto insolita: scrivere un diario a colori, usandone uno per ogni emozione che dovrebbe provare, e avvalersi di un auricolare con cui ascoltare la musica scelta dai suoi interlocutori per agevolare un contatto empatico.
La storia di Diana e i risvolti inaspettati di questo percorso terapeutico sui generis sono al centro del romanzo La ragazza della musica, libro di Carlo Cavazzuti, che affida un ruolo significativo anche alla veste grafica.
Difatti il 37enne maestro di scherma, sceneggiatore nonché direttore della fotografia emiliano condensa nel testo abilità acquisite in uno sfaccettato percorso professionale.
LA VOCE DELLO SCRITTORE
Carlo Cavazzuti racconta
La ragazza della musica

Carlo Cavazzuti, com’è nata l’idea della Ragazza della musica?
«Il testo nasce da un esercizio di stile su plot line e nuove tecnologie nella narrazione, svolto diversi anni fa durante un master per sceneggiatori. Ne scaturì l’idea di una persona che sfruttasse la musica mandata in auricolare per comunicare emozioni.»
A che tipo di lettore consiglierebbe il suo libro?
«Principalmente agli adolescenti, ma sono certo che possa attrarre anche lettori adulti, specialmente se interessati al mondo della scuola o alle relazioni tra giovani: insegnanti, docenti di sostegno, tutor, educatori e, perché no, anche neuropsichiatri infantili o dell’età evolutiva. In un certo senso, è un romanzo di formazione quindi può avere un pubblico davvero vasto.»
Perché il suo libro andrebbe letto?
«È un libro con una morale, pensato per chi si sente escluso dal mondo che lo circonda, per chi ha paura di entrarne a far parte o ancora per chi ne è stato emarginato. Leggendolo è possibile entrare nella mente di chi si sente così, di chi magari è accanto a noi ogni giorno: figli, amici, colleghi, studenti.»
Qual è il messaggio che voleva trasmettere?
A tutti noi capita di essere sopraffatti da un’emozione, bella o brutta che sia. In quel momento alcuni, specialmente per i sentimenti tristi e angosciosi, si domandano se sia possibile non sentire più nulla, cosa che ovviamente non è una buona idea. La nostra protagonista è così ogni giorno: si sente esclusa da una parte di se stessa e da parte degli altri.
Senza le emozioni, che creano i ricordi e ci fanno vivere appieno ciò che ci accade, saremmo solo un granello di polvere nella clessidra della natura. Questo testo vorrebbe dare qualche spunto a chi tende a sentirsi in tal modo e far capire agli altri che dentro una persona fredda e distaccata c’è un mondo intero, che magari lei avrebbe anche piacere di condividere, ma non riesce a farlo per qualche ragione ignota pure a se stessa.
Perché ha deciso di raccontare la storia di una sedicenne affetta da sindrome schizoide?
«L’idea che ebbi durante il master si adattava bene ai problemi che ho riscontrato tante volte in bambini e ragazzi, derivanti dalla difficoltà a gestire e riconoscere le proprie emozioni. Diversi disturbi si manifestano con sintomi quali l’anaffettività o l’iperemotività, di cui soffre anche la protagonista del mio romanzo. Ne avrei potuto scegliere altri, ma avrebbero sviato dalla linea che volevo dare al testo.»
Come si è preparato ad affrontare un tema tanto delicato?
«Per vari casi della vita ho avuto e continuo ad avere contatti con il mondo della neuropsichiatria infantile. Sono uno scrittore che cura molto la ricerca dei propri testi e volevo approfondire questo tema, a me particolarmente caro.
Ho discusso delle mie idee con diversi specialisti nel campo e con loro le ho un poco affinate, sempre tenendo in considerazione il fatto che il libro doveva avere l’impronta di una narrazione e non quella di un trattato di medicina. Ho studiato diversi manuali di neurologia, psicologia e psichiatria, concentrandomi su quello che serviva al mio testo.
Quando poi ho deciso di scriverlo in un modo un poco diverso dai soliti libri, sono andato a studiare anche la grafologia e la psicologia dell’immagine e dei colori.»
Com’è arrivato al titolo? Lo ha proposto lei o lo ha scelto la casa editrice?
«L’ho deciso io e alla casa editrice è andato bene subito. Con la stesura mi sono reso conto che il titolo originario, Play, non si rivelava più adatto allo stile del libro. La ragazza della musica è una definizione che si dà Diana stessa nel suo diario.»
C’è un personaggio in cui si rivede?
«Solo marginalmente in uno, ma se ve lo dicessi rivelerei cose che è meglio scoprire leggendo.»
Che ruolo riveste l’ambientazione nel suo libro?
«Potrei dire che tutto quello che andrete a leggere avviene solo nella testa della protagonista, ma in realtà ci sono diversi luoghi in cui si svolgono le scene. Principalmente Modena, città in cui vivo, e in particolar modo l’istituto tecnico che frequentai e che ricordo con molta felicità. Alcune scene si svolgono poi a Formigine, dunque sempre in provincia di Modena, altre a Mantova e Sirmione, tutti luoghi di cui ho splendidi ricordi e che conosco per esperienza diretta.
Ho scelto la mia città e la mia vecchia scuola perché sono convinto che si possa scrivere bene solo di qualcosa che bene si conosce.
Tuttavia, quella della Ragazza della musica è una storia che potrebbe avvenire in ogni scuola superiore, in ogni città d’Italia e forse anche di tutto il mondo. La connotazione geografica è poco importante.
La scuola, intesa come luogo di formazione, e non solo quella citata nel romanzo, invece è una scelta obbligata. Trascorriamo tutti almeno undici anni della nostra vita a scuola: una storia che riguarda un’adolescente non poteva che svolgersi in buona parte dove i giovani maturano le prime esperienze di vita autonoma, lontano dai genitori e dagli affetti di famiglia.»
L’anno scorso ha pubblicato Jean, un romanzo storico ambientato nel periodo delle guerre napoleoniche. La ragazza della musica è narrativa moderna e contemporanea. Qual è la principale differenza che ha riscontrato nello scrivere libri di generi così diversi?
«Sono abituato a scrivere per il teatro e la macchina da presa testi di qualsiasi genere, dal drammatico alla commedia, passando per il giallo e il romantico.
Jean doveva essere un film prima di essere un romanzo e anche La ragazza della musica è stato un soggetto e una sceneggiatura per la macchina da presa.
L’unica differenza tra i due sta nel tipo di ricerche che ho svolto prima di battere il primo carattere sulla tastiera: per Jean ho passato mesi negli archivi storici, spulciando tra i carteggi dei soldati napoleonici; per La ragazza della musica mi sono studiato testi di medicina.»
Quanto c’è di filmico nella scrittura della Ragazza della musica?
«Molto. Dall’esercizio di stile del master nacquero un soggetto e una sceneggiatura per un cortometraggio, ma i costi elevatissimi per la colonna sonora bloccarono la produzione.
A prescindere da ciò, io scrivo sempre per immagini nelle drammaturgie e nelle sceneggiature. Nel caso specifico di questo libro, ho dovuto cercare una soluzione che mi aiutasse a rendere con la scrittura immagini che originariamente avrebbero dovuto essere articolate con la musica.
L’idea me l’ha data un carissimo amico, anche lui autore, ma di tutt’altro genere: utilizzando il colore e un carattere non eccessivamente tipografico forse avrei raggiunto lo scopo. Ho rispolverato uno dei libri di testo dell’accademia e mi sono andato a rivedere le analisi dello psicologo Rudolf Arnheim, che studiò proprio film e grandi artisti pittorici per dare una lettura psicologica dell’immagine e dei colori che la compongono. Così è nato il testo per come lo potete leggere adesso (nell’estratto, ndr).»
Ci racconta com’è cambiato il testo nel tempo?
«Nascendo come sceneggiatura, aveva un impianto del tutto diverso. Era un testo tecnico, per addetti ai lavori, in cui l’impostazione della pagina, l’allineamento, l’uso di grassetti, corsivi, spazi e maiuscole avevano un significato preciso per chi legge. Basti pensare che, in barba alla grammatica italiana, anche la semplice punteggiatura può essere utilizzata assieme a interpunzioni del tutto specifiche per dare indicazioni di recitazione agli attori.
Una pagina di sceneggiatura corrisponde a circa un minuto di quello che si vede sullo schermo. Play, così s’intitolava il corto da cui è nato questo romanzo, durava circa trenta minuti, quindi constava di una trentina di facciate, mentre La ragazza della musica è un romanzo di 166 pagine. È facile capire quanto ciò che normalmente viene lasciato al lavoro della troupe di scena, degli attori e del montatore, sia stato trasformato in testo scritto.»
Com’è arrivato al titolo? Lo ha proposto lei o lo ha scelto la casa editrice?
«L’ho deciso io e alla casa editrice è andato bene subito. Con la stesura mi sono reso conto che il titolo originario, Play, non si rivelava più adatto allo stile del libro. La ragazza della musica è una definizione che si dà Diana stessa nel suo diario.»
Complessivamente quanto è durata la gestazione del testo e qual è stata la fase della lavorazione più faticosa?
«Se faccio coincidere l’inizio della lavorazione con quell’esercizio sulla plot line del master, ci sono voluti oltre tre anni per giungere alla pubblicazione. Considerando invece il libro in senso stretto, la durata della lavorazione si riduce a una manciata di mesi, dedicati per lo più alla ricerca. Una volta trovato l’espediente dei colori, forse la parte più difficile di tutta la genesi del testo, ho concluso la stesura in meno di un mese. Va detto che partivo già da un buon impianto da cui prendere spunto, che aveva richiesto mesi e mesi di lavoro.»
Ascoltava musica mentre scriveva? Se sì, quale e perché proprio quella?
«Tutti i miei lavori letterari, dagli articoli ai libri, sono stati scritti con un sottofondo musicale. La musica mi aiuta a concentrarmi, escludendomi dal contesto in cui magari mio figlio ha appena finito i compiti e sta facendo merenda guardando i cartoni animati.
Non saprei dire che pezzi ho ascoltato se non quelli citati nel libro, in cui ci sono titolo e descrizioni che facilmente riconducono al brano. Solitamente, quando inizio a scrivere, ascolto a random una playlist che complessivamente dura circa due mesi ininterrotti e che va dai canti gregoriani all’heavy metal, passando per quasi tutti i generi musicali.»
Se dovesse scegliere una colonna sonora per il suo libro, quali canzoni vi inserirebbe?
«La lista è lunga e già pronta dai tempi del cortometraggio. Tra i vari pezzi, cito: Hymn di Vangelis, Rock Around The Clock di Bill Haley, Il cielo in una stanza di Mina, Highway to Hell degli AC/DC, L’adagio di Albinoni, Gabriel’s Oboe di Morricone, Mirror Mirror dei Blind Guardian.
Mi piacerebbe però sapere quali musiche i lettori associerebbero al testo. Come ho fatto nel caso di Jean, chiedo loro di trovare una colonna sonora adeguata e di inviarla sulla pagina facebook dedicata al libro.»
Di questi tempi la tecnologia si è rivelata estremamente importante anche agli occhi di chi finora tendeva a denigrarla. Nella storia di Diana un auricolare arriva ad avere un ruolo terapeutico. Com’è arrivato ad attribuirglielo? Ha fatto ricerche specifiche? Oppure conosce qualcuno che effettivamente lo usa in questo modo?
«Dalle mie ricerche non è emersa alcuna pubblicazione scientifica che attribuisca un potere terapeutico a un auricolare se non per le protesi acustiche. Serviva alla narrazione un mezzo rapido per inviare musica alla protagonista senza dover tutte le volte passarle un auricolare o mettere la musica udibile a chiunque, cosa che in alcune situazioni di vita quotidiana potrebbe dare disturbo ai più.
Un auricolare Wi-Fi può facilmente connettersi con dispositivi elettronici quali i moderni telefoni o i tablet usati in molte scuole come registri elettronici. È un oggetto che può essere portato tutto il giorno senza troppo fastidio e permette di ascoltare anche la musica. Perché non usarlo? È un piccolo lusso fantascientifico di questa storia.
Senza contare che ci sono diversi professionisti che, durante le sedute per il trattamento di pazienti psicologici e psichiatrici, usano brani di musica accuratamente scelti, a loro detta anche con discreti risultati.
Ho unito le due cose in un contesto di vita comune, in cui la singola seduta si protrae in ogni dialogo della protagonista.»
Prevede un seguito?
«Nel caso della Ragazza della musica il finale è volutamente aperto, cosa tra l’altro che ha portato me e la mia agente Laura Montuoro a discutere molto sul se e come cambiarlo. Alla fine è rimasto quello originale, che avevo pensato anche per il corto. Però non prevedo un seguito di questo libro perché non amo particolarmente le storie seriali, anche se al momento ne sto scrivendo una che contempla tre gialli storici.»
Avrebbe cambiato qualcosa del testo dopo che è stato pubblicato?
«Assolutamente no. Lo avrei fatto prima, optando per una grafica ancora più estrema. Il libro avrebbe dovuto essere un vero e proprio diario scolastico, con tanto di giorni a calendario, orario delle lezioni, note per i compiti da svolgere e comunicazioni tra scuola e famiglia. Dopo diverse prove grafiche è emerso però che sarebbe stato un progetto editoriale con costi davvero altissimi e difficilmente affrontabili anche da grandi case editrici.»
Ritiene che i pareri di coloro che hanno letto il libro rispecchino il suo lavoro?
«La prima a leggerlo è stata la mia agente, che mi ha fatto ben capire che forse poteva essere un libro non solo per ragazzi. Gli altri lettori preliminari sono stati addetti ai lavori come insegnanti e medici, e tutti hanno concordato sul fatto che sia un libro bello da leggere e utile. In sostanza, questi pareri sono in linea con lo scopo che volevo raggiungere. Per il pubblico più vasto attendo ancora riscontri, in fondo è uscito davvero da poco.»
Come ha espresso la sua personale voce di scrittore nel testo? In che modo lo ha reso “suo”?
Nel libro ci sono avvenimenti che mi hanno visto coinvolto in prima persona durante gli anni di scuola, di un paio sono stato anche uno dei protagonisti. Alcuni personaggi sono ispirati a persone che conosco bene e con cui ho un rapporto di amicizia duraturo. Ci sono anche le esperienze che ho maturato personalmente con chi ha problemi di gestione delle emozioni, esperienze che mi hanno permesso di addentrarmi più intimamente nel loro mondo rispetto a quanto si farebbe con un mero trattato medico o scientifico.
Da cosa è nata la decisione di pubblicare La ragazza della musica solo in eBook? Il cartaceo è in previsione?
«È stata una scelta dell’editore, probabilmente dettata dal fatto che i costi di produzione di un libro interamente a colori avrebbero fatto lievitare enormemente il prezzo di copertina, rendendolo quasi invendibile. Ci siamo comunque accordati in modo tale che verrà stampato anche il cartaceo, se il digitale avrà un buon riscontro in termini di vendite.»
In qualità di lettore, lei preferisce gli eBook o i cartacei?
«Di gran lunga il cartaceo. Tuttavia, vista la mole di quel che leggo, opto spesso per il digitale per una questione di spazio in casa. Solitamente acquisto il cartaceo se già conosco l’autore, se invece non è così inizio col digitale e, se poi mi colpisce davvero, acquisto anche il cartaceo.»
Ha un autore o un’autrice di riferimento che lo ha ispirato anche nella stesura di questo libro?
«Non c’è stato qualcuno cui mi sono ispirato, almeno consapevolmente. Vero è che lo stile di uno scrittore può essere influenzato da ciò che legge, ma se il mio lo è stato non saprei indicare precisamente da chi o cosa.»
Ci dice tre titoli di libri che consiglierebbe a un amico lettore?
«Il buio. Le confessioni di Arundel di York di Fabrizio Fangareggi e Pierluigi Fabbri, Certe cause non si vincono mai. L’avvocato Bradac di Antonello Maria Giacobazzi e Il mistero della statuetta egizia di Marco Giorgini.»
26 maggio 2020
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La ragazza della musica

Autore: Carlo Cavazzuti
Editore: Lupieditore
Genere: Moderna e contemporanea
Anno di pubblicazione: 2020
Pagine: 166
Versioni disponibili: eBook
Il libro sui social: La ragazza della musica – pagina facebook
Altri libri dell’autore: Gladiatoria MS. Germ. Quart. 16 (KDP, 2020), Jean (Apollo Edizioni, 2019), Gladiatoria (Gilgamesh Edizioni, 2015).
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