di Marco Pisan
L’ombra dello scorpione. The Stand
Autore: Stephen King
Editore: Bompiani
Traduttori: Bruno Amato, Adriana Dell’Orto
Genere: Horror
Anno edizione: 2017
Anno prima edizione: 1978 (Usa)
Pagine: 1376
Consigliato ad amanti dell’horror, del fantasy e del genere post apocalittico.
Un virus, creato in un laboratorio degli Stati Uniti, si diffonde per errore e scatena un’epidemia che stermina buona parte degli abitanti del globo. Ma per i sopravvissuti è solo l’inizio: dovranno scegliere − e saranno costretti a farlo − da che parte stare nella guerra che già si profila all’orizzonte. La domanda a cui dovranno rispondere è: scegliete il bene o il male?
L’ombra dello scorpione è uno dei romanzi più famosi del Re dell’horror. Pubblicato per la prima volta nel lontano 1978, è ancor oggi molto attuale, e non solo perché parla di un’epidemia, ma anche per la descrizione che King fa del modo di pensare degli esseri umani, che nel corso dei decenni non è cambiato molto o, forse, addirittura per niente.
Stephen King ha la predisposizione a entrare nella mente dei personaggi e portare il lettore a vedere dentro di loro, farlo pensare come loro e indurlo a percepire la realtà proprio come la percepiscono loro.
La versione integrale del romanzo, pubblicata sin dal 1990, consta sempre di oltre 900 pagine, però non annoia mai: King è capace di tenere alta la tensione e l’interesse del suo fedele lettore riga dopo riga. Se non fosse così, sarebbe difficile tener traccia dei sette od otto protagonisti, per non parlare di tutti i secondari che comunque giocano, sparsi qua e là, un ruolo da non sottovalutare per l’intreccio. Complessivamente si arriva a una dozzina e più di personaggi da seguire, ma la lettura non ne risente.
Due dei protagonisti sono anche portatori di disabilità − uno è sordo e l’altro ha grosse difficoltà a livello cognitivo − a riprova di come King si sia sempre dimostrato privo di preconcetti nei confronti dei disabili, distinguendosi così da molti altri scrittori che spesso li considerano troppo difficili (o, purtroppo, addirittura scomodi) per includerli in un romanzo.
L’elemento predominante in questo libro è la lotta tra il bene e il male. E non stiamo parlando di una lotta solo metaforica, ma anche fisica e pratica: i sopravvissuti infatti dovranno scegliere, anche se non sempre è loro concesso, se stare con l’uomo nero − chi ha letto la saga della Torre Nera lo ricorderà bene − oppure con una fragile e dolce nonnina di 108 anni.
Qui, come in molti altri scritti di King, la lotta sembra alquanto impari (a favore del male, s’intende!), ma il bene ha altri modi per fare il suo corso.
Qual è la parte più spaventosa del libro? Dopotutto è un horror, no?!? È capire che non tutte le persone “cattive” sono davvero malvagie, quantomeno dal loro punto di vista. Anzi, per molte di loro ciò che fanno è perfettamente normale e razionale e si considerano addirittura più vittime che carnefici… questo sì che è terrificante!
Tutto ciò pone indubbiamente problemi a livello morale, difficili da districare per il lettore coscienzioso. Sta a voi decidere se considerare questo libro una lettura d’evasione oppure una lettura che lascia molto a cui pensare e su cui meditare. La scelta è vostra. King vi dà entrambe le possibilità.
Il libro in una citazione
«Randall Flag, l’ uomo nero, marciava verso sud sulla statale 51 […] Sul viso gli si leggeva una cupa ilarità che, veniva fatto di pensare, forse albergava anche nel suo cuore, ed era proprio così. Era il viso di un uomo odiosamente felice, un viso che irradiava un calore attraente e orribile insieme, un viso capace di mandare in frantumi i bicchieri d’ acqua nelle mani delle cameriere stanche dei ritrovi per camionisti, di far sì che i bambini in triciclo andassero a sbattere contro gli steccati e poi corressero in lacrime dalle mamme con le ginocchia irte di schegge di legno. Era un viso capace di trasformare le discussioni da bar sul campionato di baseball in zuffe cruente.»
7 maggio 2020
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