di Elisa Vuaran
Guasti
Autore: Giorgia Tribuiani
Editore: Voland
Genere: Moderna e contemporanea
Anno prima edizione: 2018
Pagine: 113
Consigliato a chi cerca introspezione e uno stile di scrittura innovativo.
Giada ha sempre vissuto riflettendo la luce emanata dal compagno, celebre fotografo. Anche dopo la morte di lui, non riesce a separarsi dalla sua figura e veglia ogni giorno sul suo corpo plastinato, esposto in una mostra itinerante sull’anatomia umana. La presenza della vedova, che si è vista negare dal suo stesso compagno il diritto di piangerlo in un cimitero, turba i visitatori e attira diversi personaggi, tra cui un giornalista, un collezionista d’arte e soprattutto un vigilante compassionevole con il quale intesse a poco a poco un doloroso dialogo sulla vita e sulla rinascita.
Il racconto lungo, opera d’esordio di Giorgia Tribuiani, tocca temi insoliti (come la plastinazione, tecnica di conservazione dei tessuti biologici, e le ormai famose mostre “Real Bodies” con tutte le loro implicazioni etiche) per indagare aspetti umani che ci riguardano universalmente.
Giada è un personaggio tormentato, fragile, che insegue le soluzioni ai suoi problemi sempre al proprio esterno e spesso in qualche dipendenza: dalle persone, dai farmaci, dalle abitudini quotidiane. Quando tutto ciò viene meno, si ritrova costretta a cercare dentro di sé la forza per compiere le scelte più difficili, e questa forza le verrà dalla riscoperta del significato di identità.
Questa narrazione di rinascita e riscatto è presentata in uno stile inusuale; i trenta capitoli, tanti quanti i giorni di durata della mostra, sono numerati al contrario e l’autrice fa ampio uso di formule ripetute e del discorso indiretto libero per portare il lettore a tentare di seguire il filo sconnesso dei pensieri di Giada: a volte silenziosi, a volte espressi ad alta voce e spesso abbandonati all’improvviso. L’espediente riesce a trasmettere la percezione di una mente volubile e non del tutto aggrappata alla realtà, spiazzando il lettore (anche se non sempre in modo pienamente credibile).
La lettura riesce comunque a muovere a compassione, induce a ripensare al valore dell’identità come strumento per vivere appieno e offre numerosi spunti di riflessione sullo scopo, personale e collettivo, della produzione artistica.
Il libro in una citazione
«…non credo che queste persone abbiano voluto estendere l’esistenza fisica oltre la morte. Il terrore della morte è perdere l’anima, l’identità: non il corpo. Io non aspirerei mai a essere un corpo immobile.»
30 aprile 2020
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