I commenti del Let’s Book Club
Cosa scrivono i lettori sui profili social di Let’s Book in merito a “Febbre”

“La scoperta dell’omosessualità narrata in parallelo con la scoperta della sieropositività per via della febbre. Ciò che mi è piaciuto del libro di Jonathan Bazzi è ‘l’invito’ a non restare nell’ombra, ad accettare la malattia per liberarsi, per ‘rinascere’.”
@vitolillo5 su twitter (2 ottobre 2020)
“Autobiografia, romanzo, racconto di una vita alla periferia di Milano, ma soprattutto grande scrittura, che ti costringe piacevolmente a non fermarti: vuoi sempre sapere come prosegue. Bella anche la struttura del raccontare, tra passato e presente. Voto: 10+.”
@michelegriggi su twitter (21 giugno 2020)
“I panni sporchi si lavano dove pesa meno farlo.
– Ciao Jonathan!
– Ciao! Sono felice che tu sia venuta.
– Dove siamo? Che ci facciamo qui?
– Guarda bene. Cosa ti sembra?
– Sono due binari. E noi stiamo in mezzo a essi, perché?
– Esatto, sono binari. Ma il perché voglio che tu lo capisca da sola. Prendimi per mano, ti va di farmi compagnia? Ti va di ascoltare la mia storia?
– Sì, Jonathan, voglio ascoltarti. Andiamo, racconta.
– Ecco, qui mi metto a nudo, ti racconterò tutto.
– Sì, ma perché mi stai raccontando di quando ti sei ammalato e al contempo della tua infanzia? La tua storia non è una storia sull’Hiv?
– No, o almeno non solo. Ed è qui che sta il bello. La mia storia sono io. E per poterti raccontare della mia malattia devo per forza cominciare dal mio passato.
– Sai cosa mi sembri? Uno di quei fantasmi dei Natali passati e presenti di Dickens. Non che ti stia paragonando a Dickens, e non che io sia Scrooge eh! Però, sì, la sensazione è questa.
– Ti capisco. Ti ricordi che succede a Scrooge dopo aver visto i fantasmi?
– Sì, lui cambia. Ha più consapevolezza.
– E secondo te perché?
– Perché per capire chi si è oggi bisogna fare un viaggio a ritroso nel tempo, rivivere gli stessi dolori ma anche gioie.
– Ecco.
– Siamo su una linea di confine, su ciò che si era e ciò che si è. Dobbiamo tornare alla frattura primitiva, trovare il nostro io bambino. Capire le origini delle nostre paranoie, del nostro costante sentirci sbagliati e fuori posto, è così?
– Ora hai capito perché siamo tra due binari, vero? Ne sono felice.
– Sì, l’ho capito. E io ti ringrazio per avermi permesso di conoscerti un poco. Ti ringrazio per esserti esposto così tanto; tu che sei sempre stato un po’ schivo. Hai scelto di mostrarti, perché solo raccontando tutto potevi combattere
– E io ti ringrazio per avere ascoltato, so che non è facile per tutti, sai? So che molti si irritano, a molti non piace sentire le cose per come sono veramente. Ora devo andare, ma tu torna su questi binari quando vuoi.
– Ciao Jonathan, credo che ci tornerò presto, ho bisogno di ricordare anche la mia storia.
La sensazione è stata pressapoco questa per tutta la lettura di Febbre: Jonathan che mi tiene per mano.”
@achicok su instagram (20 aprile 2020)
“Jonathan Bazzi racconta della propria sieropositività ma soprattutto racconta se stesso, la crescita a Rozzano, il suo percorso di essere umano, con disarmante, straordinaria sincerità.
Aspettavo da molto di leggerlo, doveva arrivare il suo momento, è stato questo. Sentivo anche che lo avrei amato e non mi sbagliavo. Difficile dire altro in poche righe. Devo metabolizzare tutto quello che mi ha lasciato. Leggetelo.”
@Dreamhunter72 su twitter (25 febbraio 2020)
“Libro molto intenso: storia di una presa di coscienza e di una rinascita. Bella l’alternanza tra il racconto dell’infanzia e dell’età adulta e la descrizione della periferia milanese: ne esce un quadro lucido e realistico. La scrittura è asciutta, emotiva, ma senza sentimentalismi. Consiglio di leggerlo.”
@Sabri_book su twitter (4 gennaio 2020)
Febbre
Autore: Jonathan Bazzi
Editore: Fandango Libri
Genere: Moderna e contemporanea
Anno edizione: 2019
Pagine: 328
Cosa scrive l’editore
Jonathan ha 31 anni nel 2016, un giorno qualsiasi di gennaio gli viene la febbre e non va più via, una febbretta, costante, spossante, che lo ghiaccia quando esce, lo fa sudare di notte quasi nelle vene avesse acqua invece che sangue.
Aspetta un mese, due, cerca di capire, fa analisi, ha pronta grazie alla rete un’infinità di autodiagnosi, pensa di avere una malattia incurabile, mortale, pensa di essere all’ultimo stadio. La sua paranoia continua fino al giorno in cui non arriva il test dell’HIV e la realtà si rivela: Jonathan è sieropositivo, non sta morendo, quasi è sollevato.
A partire dal d-day che ha cambiato la sua vita con una diagnosi definitiva, l’autore ci accompagna indietro nel tempo, all’origine della sua storia, nella periferia in cui è cresciuto, Rozzano – o Rozzangeles –, il Bronx del Sud (di Milano), la terra di origine dei rapper, di Fedez e di Mahmood, il paese dei tossici, degli operai, delle famiglie venute dal Sud per lavori da poveri, dei tamarri, dei delinquenti, della gente seguita dagli assistenti sociali, dove le case sono alveari e gli affitti sono bassi, dove si parla un pidgin di milanese, siciliano e napoletano. Dai cui confini nessuno esce mai, nessuno studia, al massimo si fanno figli, si spaccia, si fa qualche furto e nel peggiore dei casi si muore.
Figlio di genitori ragazzini che presto si separano, allevato da due coppie di nonni, cerca la sua personale via di salvezza e di riscatto, dalla predestinazione della periferia, dalla balbuzie, da tutte le cose sbagliate che incarna (colto, emotivo, omosessuale, ironico) e che lo rendono diverso.
Libro finalista al Premio Strega 2020
Libro finalista del Premio Giuseppe Berto 2019
Libro vincitore del Premio Libro dell’anno 2019 di Fahrenheit Radio Rai 3 e del Premio Bagutta Opera Prima