I commenti del Let’s Book Club
Cosa scrivono i lettori sui profili social di Let’s Book in merito a “Cibo”
“Il cibo unisce, il cibo mescola persone tra le più disparate, il cibo racconta storie belle, tristi, storie di povertà, anche quelle dei cuochi e delle persone che lavoravano e servivano cibo al World Trade Center. Un libro che mi è piaciuto molto anche perché, essendo in lotta perenne con il cibo, mi sono rivista in alcuni punti.”
@Anto962 su twitter (12 luglio 2019)
“Romanzo del 2001 ripubblicato. Elena, a dieta, diventa amica della sua massaggiatrice e le narra la sua vita: ogni personaggio ha un rapporto singolare col cibo. Originale, suggestivo. Protagonisti vividi, prosa accurata.”
@Sabri_book su twitter (23 aprile 2019)
Cibo
Autrice: Helena Janeczek
Editore: Guanda
Genere: Moderna e contemporanea
Collana: Narratori della Fenice
Anno edizione: 2019
Pagine: 288
Cosa scrive l’editore
Non riesco a sopportare quelli che non prendono seriamente il cibo, diceva Oscar Wilde. Oggi è diventato una delle principali occupazioni, ossessioni, manie; la cucina insieme all’ordalia igienista di ciò che fa bene o fa male sono le ronzanti colonne sonore delle nostre giornate.
Prendere sul serio il cibo, però, è altra questione. Di certo, senza tanto proporselo, lo fanno Elena, la donna che si racconta in questo libro, e Daniela, la massaggiatrice alla quale si rivolge per impegnarsi a fondo in una dieta dimagrante e rimodellare il proprio corpo. Perché quello che condividono durante le loro sedute è qualcosa di profondo.
A ogni piatto che nominano, a ogni ricetta o tradizione rievocata, riaffiorano un ricordo, un’amicizia, un amore, un rito di famiglia, una ferita. Le creme di piselli e i krapfen delle feste di Ulrike, anoressica per desiderio di perfezione, nella Monaco dell’infanzia e dell’adolescenza di Elena; i praghesi gnocchi di pane alla prugna di Ružena, obesa per allontanare l’incubo dei carri armati sovietici e il dolore dell’esilio; i gattò di Teresa, che rivendica cucinando la sua identità; i pranzi domenicali della nonna veneta e contadina di Daniela; fino alle aringhe salate che risvegliano in Elena la memoria dei kiddush del sabato nella sua famiglia ebraica, e soprattutto del padre scomparso troppo presto.
Alla fine di un romanzo che mescola e unisce, come fa il cibo, individui e culture, Helena Janeczek si riserva ancora lo spazio di una riflessione su una tragedia dei nostri anni, il crollo delle Twin Towers, attraverso le storie dei cuochi che nelle torri lavoravano.